Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Sognavo la Serenissim­a e alla fine mi ha fregato Gli ho dato i miei soldi oggi vivo in un mini» L’ex barista: per lui ho venduto due appartamen­ti

- De.Bar.

«Avevamo un sogno, quello di essere finalmente liberi. Ma si è trasformat­o in un vero e proprio incubo». Claudio è una delle persone a cui l’indipenden­za del Veneto è costata cara. Nel 2014 ha venduto i due appartamen­ti che aveva nella immediata periferia di Treviso per sostenere la causa portata avanti da Gianluca Busato. In tutto 400 mila euro che non ha più rivisto e per i quali ha presentato una denuncia per truffa.

Claudio, ci racconti la sua storia.

«Tutto è iniziato nel 2014, alla vigilia del referendum on line sull’autodeterm­inazione. Eravamo un gruppo di persone, alcuni imprendito­ri, artigiani, partite Iva ma anche tanti lavoratori dipendenti, che al progetto di riportare in vita la Serenissim­a Repubblica ci credevano veramente. I nostri incontri si tenevano a Villorba in una tipografia e c’era gente da tutto il Veneto. Avevamo costituito il ”club plesbiscit­o.eu” e poi si sarebbe formata anche l’associazio­ne degli imprendito­ri veneti nel mondo».

Per far funzionare tutto servivano soldi.

«E parecchi. Non solo per le spese ma anche per pagare i viaggi all’estero che venivano fatti, ci dicevano, per preparare la strada verso l’indipenden­za. Ci chiesero un contributo e io, che avevo appena venduto il bar dopo la separazion­e, impegnai due case che avevo ricevuto in eredità dai miei genitori. Ma quelle “donazioni” non erano a fondo perduto. Sul piatto Busato mise le criptovalu­te di cui al tempo si sapeva poco o nulla. Sarebbero aumentate di valore e questo avrebbe da un lato reso più forte l’intero progetto e avrebbe fruttato anche un guadagno a noi sottoscrit­tori. Ci dicevano che avremmo fatto “soldi a palate”. Era una balla e noi ci credemmo».

Insieme a Busato c’era Natalino Giolo, definito come consulente. Quale era il suo ruolo?

«Innanzitut­to Giolo era un affabulato­re, tanto bravo con le parole. Lui nel progetto entrò in un secondo momento quando vide nell’indipenden­za una opportunit­à per guadagnare. Non era uno del gruppo. C’era anche un’altra persona che si occupava di contattare i nominativi che venivano dati da noi: parenti, amici, tutta gente fidata e convinta politicame­nte. Lui era, come si dice, uno “senza arte né parte”, figlio di gente ricca ma che non aveva mai combinato nulla in via sua. È ancora in attività e collabora ancora oggi con Busato come volontario, fa il promotore».

Lei conosceva già Busato?

«Come no. Veniva sempre nel mio bar quando era studente. Un tipo sveglio, intelligen­te, con tante idee. Eravamo entrati insieme nella Lega di Bossi e ancora prima nella Liga Veneta e abbiamo condiviso tante battaglie. Poi fummo cacsono persi. È stata una delle più grandi delusioni della mia vita».

Come vive ora?

«Sono un pensionato che per ripagare i debiti ha ceduto un quinto di quello che prendo. Vivo in un mini-appartamen­to con 700 euro al mese. È dura ma tiro avanti. Devo anche pagare l’avvocato ma la soddisfazi­one di tirarmi indietro non gliela concedo: in galera i soldi non servono a nessuno, voglio che ci rifondano tutto fino all’ultimo centesimo».

Pagavamo i loro viaggi all’estero che dovevano servire a «spianare la strada» all’indipenden­za

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy