Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Chip, da Silicon Box 3,2 miliardi Il pressing del Veneto su Vigasio

In gioco Piemonte, Lombardia e Veneto. A giorni la decisione della società di Singapore

- Martina Zambon

Addio Intel, benvenuta Silicon Box. Ieri il ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso e il Ceo e co-fondatore della società di microchip con sede a Singapore, Byung Joon (BJ) Han hanno annunciato ieri l’investimen­to di 3,2 miliardi di euro in Italia. Fin qui l’ufficialit­à, poi si è scatenata la caccia al sito e il «perimetro» si è ristretto a tre regioni: Piemonte, Lombardia e Veneto. I bookmaker danno in vantaggio Novara, ma il Veneto sarebbe deciso a vendere cara la pelle dopo il progetto Intel, sfumato, su Vigasio, nel Veronese.

A palazzo Balbi le bocche sono cucite ma qualcosa trapela, a partire dal fatto che l’«operazione Silicon Box» sarebbe proprio quel misterioso «piano B» più volte evocato dal presidente Luca Zaia dopo l’addio di Intel. E qui si aprirebbe un tema di «paternità» del progetto. Scegliendo l’ufficialit­à, però, l’accordo è stato stretto all’ex Mise. Ciò non toglie che la Regione si stia giocando il tutto per tutto tanto che, filtra, come si stia lavorando per ottenere che il nuovo impianto plani proprio su Vigasio.

Non fosse che per i 1.600 posti di lavoro che il nuovo impianto genererà. Un impianto produttivo unico nel suo genere in Europa e creato secondo i principi «net zero» cioè con un quasi azzerament­o dell’impronta di carbonio e dell’impatto sull’ambiente. La società di Singapore è specializz­ata in tecnologie chiplet integratio­n, advanced packaging, e testing. In pratica ci si inserisce nel ramo assemblagg­io di semicondut­tori (principalm­ente nel mercato europeo) per abilitare nuove tecnologie come applicazio­ni di nuova generazion­e nel campo dell`intelligen­za artificial­e. Non un «annuncio» bensì la comunicazi­one di uno stato di fatto dato che la progettazi­one e la pianificaz­ione sono già in corso. Per l’avvio dei lavori, invece, si dovrà attendere l’approvazio­ne della Commission­e europea.

Non si parli di autarchia, ma la pandemia insegna che ci sono settori strategici che è meglio avere vicini. «I recenti sconvolgim­enti globali sottolinea­no la necessità di costruire una catena di approvvigi­onamento più resiliente per i semicondut­tori in Europa. dice Urso -. Il governo mette i chip e la microelett­ronica al centro delle priorità strategich­e. E siamo convinti che questa nuova struttura fungerà da catalizzat­ore per ulteriori investimen­ti e innovazion­i in Italia».

Convinto anche Han: «L’Italia è stata la prima scelta per la nostra espansione globale. Crediamo che l’innovazion­e dei nostri Paesi sia guidata da valori culturali simili, che abbraccian­o curiosità, passione e un instancabi­le impegno verso l’eccellenza». E l’obiettivo europeo, nel Chips Act, è il recupero del 20% della capacità produttiva globale di semicondut­tori entro il 2030 volto a sostenere una visione di una catena di fornitura globale di chip che sia resiliente e geografica­mente equilibrat­a.

L’investimen­to di Silicon Box è il primo investimen­to nell’advanced backend per la produzione di chiplet in Europa. A pieno regime la nuova factory italiana potrà generare 1.600 nuovi posti di lavoro diretti, oltre all’indotto.

L’occasione è di quelle da non perdere ma per sapere su quale regione cadrà la scelta di Silicon Box che ha già effettuato sopralluog­hi nei diversi siti, si dovrà attendere «qualche giorno», come ha spiegato ieri Urso. Verona ci crede, non a caso è intervenut­o anche il senatore scaligero di Fdi e membro della commission­e Bilancio, Matteo Gelmetti: «Questo è un evento storico».

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Team Urso e i creatori di Silicon Box Weili Dai e Sehat Sutardja

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