Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Banksy più alto, in teca o al museo Attacco a Palazzo Ducale: «Inerme»
Gli attuali proprietari: più proposte mai considerate dalla Soprintendenza
visitatore una serie di principi di decoro, come non fare graffiti su monumenti e muri o non tuffarsi né fare il bagno nei canali. Per la prima volta in Italia è stato approvato martedì un codice deontologico dagli operatori di incoming che lavorano in città e aderenti alla Federazione turismo organizzato di Confcommercio. «Ha avuto una lunga e meditata gestazione — dice Andrea Gersich, referente degli operatori Fto Venezia— vuole essere uno strumento operativo per comunicare ai clienti le regole da seguire, per permettere al turismo di essere una risorsa e una grande opportunità». «Confcommercio di Venezia ha affiancato gli operatori turistici in questa difficile fase di attuazione di nuove normative, dovute da un lato al ticket d’accesso dall’altro dalla delibera che porta a 25 il numero massimo di persone dei gruppi e l’evoluzione di questo percorso è stata la stesura di questo codice etico», ha detto il presidente Roberto Panciera, parlando di «un passo importante per la nostra città perché c’è la presa di coscienza di avere una convivenza serena tra cittadini e turisti». (c. fra.)
Il restauro dell’opera «Migrant child» di Banksy non si farà finché la Soprintendenza di Venezia non sceglierà la tecnica migliore da adottare per l’intervento: rimuoverla dal palazzo a San Pantalon e trasferirla in un museo, innalzarla di qualche metro o mantenerla lì dove si trova, a pelo d’acqua, ma protetta da una teca di vetro sono tutte soluzioni valide che Banca Ifis è pronta a finanziare.
«C’è bisogno che la Soprintendenza si esprima — afferma l’avvocato Jacopo Molina, che rappresenta l’attuale proprietà dell’immobile — sull’edificio impera un decreto di vincolo che attribuisce esclusivamente alla Soprintendenza il potere di dire in che modo vi si deve intervenire. La proprietà dal canto suo aveva già avanzato un progetto per la messa in sicurezza dell’opera nel giugno del 2019, il quale non ha mai ricevuto risposta concreta». È il 9 maggio 2019 quando Venezia scopre che Banksy l’ha scelta come «tela» per la sua terza opera italiana: un bambino migrante sopravvissuto ad uno sbarco che, con un razzo segnaletico in mano, chiede aiuto a chiunque riesca a vedere il fumo fucsia che ne fuoriesce. Nemmeno un mese dopo la società di imprenditori padovani proprietaria dell’immobile, la San Pantalon srl, attraverso il suo legale invia una lettera alla Soprintendenza di Venezia chiedendo di poter realizzare una teca protettiva in plexiglass a protezione dell’opera, progettata dall’ingegner Giovanni Baroncini.
«Per anni nessuna risposta è giunta — spiega Molina – anzi ha presentato un esposto per imbrattamento alla Procura
della Repubblica di Venezia, in breve archiviato dall’autorità giudiziaria». La Soprintendenza si esprimerà in merito soltanto il 13 ottobre 2022, attraverso una nota in cui manifesta «la massima disponibilità a concordare la data per un sopralluogo all’immobile», il quale però non si farà mai. Giunta al 2023, la proprietà decide di tutelare le proprie ragioni predisponendo un ricorso da presentare all’autorità giudiziaria. Non sbarrandosi nessuna via, prova un ultimo tentativo: nel settembre 2023 contatta l’allora sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, il quale in poco tempo individua un finanziatore privato — Banca Ifis, ora in dirittura d’arrivo per acquistare anche il palazzo — disposto a restaurare l’opera, le pareti e il tetto dell’edificio senza che si renda necessario un esborso di denaro pubblico. «Da allora i rapporti tra San Pantalon srl e Banca Ifis sono costanti e proficui — conclude Molina — ma finché la Soprintendenza non darà delle risposte concrete avremo le mani legate. In passato una situazione analoga ho dovuta risolverla indicendo una conferenza dei servizi, sono fiducioso che non dovremo arrivare a tanto in questo caso».