Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I 50 anni della Casa del disco «La gente qui si emoziona Il giradischi oltre il digitale»

Cossovel: trentamila pezzi, solo con il vinile la musica vera

- Di Maria Paola Scaramuzza

Ha superato l’avvento di Internet, la crisi della discografi­a, l’ondata della vendita on line e l’aggression­e concentric­a dei centri commercial­i. Anche lo svuotament­o e la crisi del centro mestrino non l’hanno scalfito. Per Massimo Cossovel il rimedio è sempre lo stesso: sfoderare un vinile, posizionar­e la puntina e alzare il volume. Esattament­e il 19 aprile di cinquant’anni fa, nel 1974, apriva la sua Casa del disco. Negozio cult mestrino, appena un passo indietro rispetto a Piazza Ferretto, di cui rimane ancora oggi la «vedetta» musicale, dalla sua piazzetta che ospita anche lo storico locale Al Lupo Nero, la Casa del disco festeggia oggi mezzo secolo di attività con i clienti più appassiona­ti. Che non demordono. «La gente quando entra dice di provare un’emozione, un’atmosfera vintage, che si sente solo qui», dice. In quelle due stanze compaiono stipati almeno 30 mila pezzi, una storia della musica oggi per la stragrande maggioranz­a in vinili, nuovi e usati. Musica vintage ma anche nuove uscite che al digitale preferie scono lo scarabocch­iare della puntina sul giradischi. «Morto il cd a causa della musica on line, è risorto il vinile. Io me ne sono accorto quando un giorno un ragazzo, agli inizi del 2000, è entrato in negozio con i suoi vecchi dischi. Li ho comprati per scommessa, li ho venduti tutti. Solo il vinile può farti ascoltare la musica come fossi nello studio di registrazi­one, alcune tracce le senti solo lì».

Era così anche cinquant’anni fa. Negli anni ’70, apoteosi musicale quando in copertina si trovavano giovani Santana, Clapton, Beatles e The Rolling Stones, quello di Massimo era uno dei sette negozi di dischi attivi a Mestre. «Qui sopra avevamo aperto anche una radio, Radio Mestre — racconta — i ragazzi arrivavano dalla piazza e urlavano le loro dediche dalla finestra, e noi le mandavamo in onda. Nell’83 è arrivata poi la rivoluzion­e del cd. Il 1995 è stato l’anno d’oro, con la coda fuori dal negozio la settimana di Natale. Dal ’96 è iniziato il declino». Eppure l’attività nel 2024 non solo è ancora in piedi, ma funziona pure. Il fatto è che Cossovel

non vende. Lui disquisisc­e, analizza, confronta. Con la coppia quarantenn­e, arrivata da Verona per visitare Banksy e passare alla Casa del disco, dialoga di Deep Purple e Greta Van Fleet. Al pubblico femminile, un tempo lontano dal rock in vinile, propone vecchi cimeli e nuove uscite. Ai ragazzi musica di qualità, alternativ­a al moderno trap. «Si può trovare tutto quanto anche sul sito. Per comprare, però, la gente deve venire qui, in carne e ossa, ad ascoltare. Non si compra la musica nell’etere, ancora mi domando come si possa pensare di ascoltare un brano dal telefonino».

E poco importa la moria di attività commercial­i del centro. Con i suoi 78 anni di passione ed esperienza, da Woodstock all’ultima compilatio­n di Sanremo, Massimo Cossovel alza le spalle: «Sono in pensione da otto anni, ma non ho alcuna intenzione di smettere. Con la prima ondata Covid sono quasi morto, in quei due mesi e mezzo di ospedale il negozio è stato la mia salvezza, dovevo tornare. E’ un sacrificio, ma ci si dà da fare. E ne vale la pena».

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(Foto Errebi) In piazzetta Massimo Cossovel in negozio con la sua storica collaborat­rice Liana Chiarel

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