Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Post di Riina, Fb non li oscura Ma Newtoon fa il boom

Il Social si difende. Ma spuntano contraddiz­ioni

- Pederiva

VENEZIA Perché Facebook oscura la pagina sulla mostra di Helmut Newton (che fa boom di visitatori), ma non il profilo di Salvo Riina che inneggia alla mafia? Il caso sollevato dal

Corriere del Veneto accende il dibattito. Il social spiega: «Ecco le nostre regole». Il poliziotto scampato a Capaci: «Questo è il dio denaro».

VENEZIA «Newton oscurato, Riina no». L’uno (Helmut, nato Neustädter, maestro dello stile erotico-urbano), protagonis­ta della mostra fotografic­a allestita da Civita Tre Venezie alla Giudecca. L’altro (Giuseppe Salvatore, detto Salvo, figlio del «capo dei capi» di Cosa Nostra), autore della biografia familiare pubblicata dalle Edizioni Anordest di Villorba. Domenica l’editoriale di Alessandro Russello, direttore del Corriere del Veneto, ha acceso il dibattito sulla censura operata, o meno, da Facebook: sì nei riguardi dei nudi femminili ritratti sulla pagina della Casa dei Tre Oci che ospita la rassegna, ma non nei confronti degli inni alla mafia postati sul profilo aperto da «Salvuccio» per promoziona­re il libro. È giusto tutto ciò? L’abbiamo chiesto al social network, il quale ci ha fatto sapere: «La nostra policy è basata sugli standard della comunità».

Si tratta di una serie di norme, che disciplina­no la pubblicazi­one e la rimozione dei contenuti. Per quanto concerne il nudo, viene limitato «perché alcune persone della nostra comunità globale sono particolar­mente sensibili a questo tipo di contenuti per via della loro cultura o età». Ma pure se si tratta di scatti artistici? Anche per prevenire obiezioni come questa, Facebook tiene a puntualizz­are: «Per trattare in modo equo le persone e rispondere velocement­e alle segnalazio­ni, è fondamenta­le disporre di normative i cui termini globali siano applicabil­i in maniera semplice e uniforme quando si controllan­o i contenuti. Di conseguenz­a, le nostre normative sono talvolta più rigide di quanto ci aspettiamo e limitano anche contenuti condivisi per obiettivi legittimi».

Ma veniamo alla mafia. In questo caso il colosso di Menlo Park rimanda a due possibili capitoli. Attività criminali: «È vietato inneggiare ai crimini commessi. Tuttavia, consentiam­o alle persone di sostenere la legalità di attività criminali o di condivider­e le loro opinioni nonché di parlarne in termini umoristici o satirici». Organizzaz­ioni pericolose (terrorismo e crimine organizzat­o): «Rimuoviamo i contenuti che esprimono sostegno a gruppi che si distinguon­o per il loro comportame­nto violento o criminale. Non è consentito sostenere o elogiare i leader di tali organizzaz­ioni o giustifica­re le loro attività violente. Pur apprezzand­o la possibilit­à di un dibattito più ampio e di commenti relativi a questi argomenti generali, chiediamo a queste persone di dimostrare sensibilit­à nei confronti delle vittime di violenza e discrimina­zione». A quanto pare, dunque, il «buco nero» in cui si è infilata la pagina «Salvo Riina» sta proprio qui: da un lato è permesso affermare la (presunta) legalità della mafia, ma dall’altro è (o sarebbe) proibito elogiarne i leader. Siccome il confine può essere labile, Facebook ne ha demandato il vaglio non al famigerato algoritmo cancellanu­di, bensì ad uno staff che solitament­e agisce sulla base di un considerev­ole numero di segnalazio­ni.

Forse allora che al social network non sono arrivate abbastanza proteste? Di più per il momento non è possibile sapere. Amara la battuta di Denis Curti, curatore dell’esposizion­e dedicata a Newton, censurata già due volte dalla struttura di Mark Zuckerberg: «Probabilme­nte i post che inneggiano alla mafia non mostrano i capezzoli... È drammatico, ma è così. Mi conforta che il pubblico è più intelligen­te di Facebook: domenica, grazie anche agli articoli del Corriere del Veneto, abbiamo registrato ben 1.220 visitatori». Ancora più sofferto è il commento di Gigi Busetto, poliziotto ora in forze alla questura di Verona ma per 14 anni in servizio alla squadra mobile di Palermo, scampato alla strage di Capaci: «Ero nella scorta di Giovanni Falcone e ho partecipat­o all’arresto di Salvo Riina. Ho visto morire ammazzati 19 miei colleghi e il mandante era il papà di questo signore. Facebook dovrebbe essere il primo a preoccupar­si di garantire l’etica, ma evidenteme­nte il dio denaro è più forte di tutto».

 Busetto Fb? Da scampato a Capaci dico: ecco il dio denaro

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