Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Bandiza», frontiere e il paesaggio veneto deturpato
Il documentario-denuncia del padovano Alessio Padovese
«Bandiza» era il termine con cui si indicava, in passato, il confine fra due province nel Veneto». Sono storie di confine ma soprattutto di confini quelle raccontate da Bandiza, il documentario girato in sei mesi dal regista padovano Alessio Padovese, finito l’anno scorso ma tagliato e sistemato per la distribuzione cinematografica solo da qualche settimana, con un carnet già fitto di proiezioni pubbliche in cinema, scuole, centri culturali (per info: www.bandiza.com facebook/ bandiza). Il film, narrato dalla voce di un bimbo che conta quanti tir passano vicino casa sua, a Camposampiero in provincia di Padova - 382 in sei ore - è la storia - documentata da studi, dati pubblici di siti istituzionali come quello della Camera, della Regione Veneto, e il contributo di architetti ed energy manager che si sono appassionati al progetto di Padovese - di come sia ridotto il territorio veneto a causa dell’inquinamento che lo sta deturpando nel «fisico» e nell’animo. Ieri sera Padovese era al cinema Edera di Treviso, stasera sarà a Fiesso Umbertino (Rovigo) alle 20.30 alla Sala Polivalente «Falcone e Borsellino», giovedì 14 a Spresiano (Treviso), sempre alle 20.30 alla Biblioteca comunale. Un tentativo che non conosce sosta da quasi un anno a questa parte di smuovere le coscienze dei veneti: «Il film è nato di impeto al mio ritorno da Londra, 4-5 anni fa - racconta il regista, 40enne - quando ho trovato il mio paese, Camposanpiero, attraversato da una bretella e invaso dai tir. Il bimbo che li conta nel film sono io. Da allora mi sono messo a studiare gli effetti dell’inquinamento e ho capito che la situazione è grave. Ho trovato un gruppo di persone che mi ha seguito in questa impresa: ci siamo fatti dare dati, ricerche. In un primo momento il lavoro doveva essere diviso in due parti, una di denuncia, una propositiva. Ma sono finite le risorse e allora giriamo il Veneto per spiegare come potremmo migliorare, come potremmo uscirne. Basta un solo dato per capire: un miliardo di euro investito in petrolio e cemento genera 1.000 posti di lavoro; gli stessi soldi investiti in turismo, cultura e conversione in bioenergia, bioedilizia, generano 18mila posti di lavoro. Ma le istituzioni sono miopi».