Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
IL NODO TUTELA E TRASPARENZA
Dopo l’anticipazione, ecco che la lettera con cui Popolare di Vicenza chiede a Report di spostare la trasmissione dedicata alle banche, comprese quelle venete...
Dopo l’anticipazione, ecco che la lettera con cui Popolare di Vicenza chiede a Report di spostare la trasmissione dedicata alle banche, comprese quelle venete, a dopo il 30 aprile, diventa protagonista in diretta. Milena Gabanelli la legge (uno stralcio) in diretta: è un invito/richiesta/ammonimento a soprassedere, perché i contenuti della trasmissione (andata in onda domenica sera) potrebbero danneggiare, assieme all’immagine della banca, l’aumento di capitale ormai alle porte e il futuro collocamento delle azioni in Borsa. Il testo integrale della lettera è pubblicato sul sito di Report. Per la banca si tratta di <tutela preventiva>. Ma è difficile negare che si tratti di un atto di pressione trasformatosi in un boomerang. E’ l’occasione per una riflessione.
Ciò che preoccupa non è soltanto la volontà di mettere un bavaglio «a tempo» all’informazione, ma la scelta del silenzio. Bpvi non ha bisogno del silenzio, della polvere sotto il tappeto. Ha bisogno di trasparenza come l’aria che vuole continuare a respirare. Tanto più che, com’è evidente, qui non si tratta del silenzio degli innocenti, ma dei «colpevoli». Qui naturalmente il termine non è adoperato in senso strettamente giuridico, processi e sentenze spettano alla magistratura. Ma quando sentiamo il governatore Zaia dire che «sono stati bruciati cinque miliardi di ricchezza del Veneto» (in realtà 9 fra Bpvi e Veneto Banca), qualcuno vuol farci credere che sia successo per autocombustione? In questa fase, parliamo allora di «responsabili». Ma solo per tornare a parlare di silenzio.
Infatti, la tanto invocata azione di responsabilità nei confronti dei vertici precedenti (e in parte attuali, il Cda è ancora quello per metà) non è stata approvata dalla prima assemblea della Popolare di Vicenza trasformata in Spa. Questo è avvenuto per precisa volontà dell’attuale presidente Stefano Dolcetta, l’uomo senza ombre che deve, assieme all’ad Francesco Iorio, traghettare la banca fuori dal Mar Rosso prima che i flutti si richiudano. Perché la banca non vuole far luce sulle ombre del passato, oltre che cercare di recuperare qualcosa dell’immenso danno economico ricevuto? Per il possibile danno all’immagine nel delicato momento della ricapitalizzazione.
A chi scrive sembra normale che un taglio netto con il passato, un passato fatto di opacità, interessi nascosti, debba significare totale limpidezza, trasparenza e interessi senza segreti. E’ l’unica via per convincere i mercati: una banca senza ombre, un’impresa industriale nuova nella composizione dei vertici e della dirigenza, nuova nell’operatività, in grado di ispirare ancora fiducia. E’ inutile girare intorno alle parole: l’immagine della banca, oggi, è quella che tutti sappiamo e che non ricordiamo per non voler maramaldeggiare oltre misura. Esprimere timori «sull’immagine della banca» è fuori tempo e fuori luogo. L’edificio è sgretolato al 90% (azioni da 62,50 a 6,3 euro), non si può restaurare, si deve ricostruire a fundamentis. I mercati, cioè gli investitori, non vogliono il silenzio, pretendono parole chiare e fatti. Gli investitori non vogliono aver a che fare con una banca dalla verginità ricostruita, operazione notoriamente impossibile; o con una banca demi-vierge: vogliono una banca nuova, con cui far l’amore conoscendo il suo passato. Scriveva sul Corriere della Sera di sabato Antonio Polito, parlando di imprese e mercato, che «bisogna adeguarsi, un po’ alla volta, agli standard etici dei Paesi puritani». A Vicenza si potrebbe fare un piccolo passo, il primo.