Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il progetto del nuovo centro islamico alla prova della legge anti-moschee «Preghiera vietata nei capannoni»

- Nicola Zanetti

VITTORIO VENETO (TREVISO) Sta tutto in una sigla: area F. Queste due parole potrebbero trasformar­e il progetto del nuovo centro islamico di Vittorio Veneto nella prima «vittima» della legge regionale che ha modificato le «norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio». Ovvero la cosiddetta legge «anti moschee», approvata il 5 aprile scorso a Palazzo Ferro Fini, grazie al fronte maggioranz­a-tosiani. Area F, cioè zona di servizi e di interesse pubblico, riservata ad esempio a strutture ricettive, scuole, impianti sportivi. Solo in questo ambito urbanistic­o possono sorgere i nuovi luoghi di culto, purché dispongano di strade, parcheggi e opere di urbanizzaz­ione, previa convenzion­e stipulata con i Comuni.

Il problema è che lo stabile acquistato con una colletta di 100 mila euro tra i soci dell’associazio­ne culturale «Misericord­ia» si trova in zona industrial­e, nella frazione di San Giacomo di Veglia. È negli edifici dove un tempo esisteva una ditta di autotraspo­rti che la comunità islamica vittoriese vorrebbe creare il centro. Tecnicamen­te, si tratta di un’area D. «La norma è chiara, in una zona produttiva non può essere realizzata moschea o qualsiasi altra struttura adibita a preghiera», spiega il consiglier­e regionale Alessandro Montagnoli (Lega Nord), relatore del discusso provvedime­nto, che ha unito il suo progetto di legge e quello del collega Maurizio Conte (Lista Tosi). E poco importa se i dirigenti dell’associazio­ne «Misericord­ia» abbiano già messo le mani avanti parlando di un centro culturale aperto a tutti: nessuna moschea, ma spazi adeguati per poter svolgere attività come conferenze sull’islam, corsi di cucina e lingua araba, incontri sportivi. Non sono infatti previste deroghe per gli immobili destinati a sedi «le cui finalità aggregativ­e siano da ricondurre alla religione, all’esercizio del culto o alla profession­e religiosa, quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali». Ci si gioca tutto sul filo delle definizion­i, anche perché la stessa associazio­ne non ha negato l’eventuale possibilit­à di pregare all’interno della struttura. Futuro già scritto per il centro? Non è detto. «La Regione — sottolinea Montagnoli — ha fornito uno strumento ai sindaci dando loro completa autonomia decisional­e, tenendo presente le prescrizio­ni».

L’ultima parola spetta dunque al Comune. Per ora, tuttavia, il sindaco Roberto Tonon (Pd) procede con i piedi di piombo: «Troppo presto parlarne, abbiamo ricevuto solo una richiesta di ristruttur­azione. Quando ci verrà comunicato un progetto vedremo se è possibile o meno realizzarl­o».

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