Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il progetto del nuovo centro islamico alla prova della legge anti-moschee «Preghiera vietata nei capannoni»
VITTORIO VENETO (TREVISO) Sta tutto in una sigla: area F. Queste due parole potrebbero trasformare il progetto del nuovo centro islamico di Vittorio Veneto nella prima «vittima» della legge regionale che ha modificato le «norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio». Ovvero la cosiddetta legge «anti moschee», approvata il 5 aprile scorso a Palazzo Ferro Fini, grazie al fronte maggioranza-tosiani. Area F, cioè zona di servizi e di interesse pubblico, riservata ad esempio a strutture ricettive, scuole, impianti sportivi. Solo in questo ambito urbanistico possono sorgere i nuovi luoghi di culto, purché dispongano di strade, parcheggi e opere di urbanizzazione, previa convenzione stipulata con i Comuni.
Il problema è che lo stabile acquistato con una colletta di 100 mila euro tra i soci dell’associazione culturale «Misericordia» si trova in zona industriale, nella frazione di San Giacomo di Veglia. È negli edifici dove un tempo esisteva una ditta di autotrasporti che la comunità islamica vittoriese vorrebbe creare il centro. Tecnicamente, si tratta di un’area D. «La norma è chiara, in una zona produttiva non può essere realizzata moschea o qualsiasi altra struttura adibita a preghiera», spiega il consigliere regionale Alessandro Montagnoli (Lega Nord), relatore del discusso provvedimento, che ha unito il suo progetto di legge e quello del collega Maurizio Conte (Lista Tosi). E poco importa se i dirigenti dell’associazione «Misericordia» abbiano già messo le mani avanti parlando di un centro culturale aperto a tutti: nessuna moschea, ma spazi adeguati per poter svolgere attività come conferenze sull’islam, corsi di cucina e lingua araba, incontri sportivi. Non sono infatti previste deroghe per gli immobili destinati a sedi «le cui finalità aggregative siano da ricondurre alla religione, all’esercizio del culto o alla professione religiosa, quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali». Ci si gioca tutto sul filo delle definizioni, anche perché la stessa associazione non ha negato l’eventuale possibilità di pregare all’interno della struttura. Futuro già scritto per il centro? Non è detto. «La Regione — sottolinea Montagnoli — ha fornito uno strumento ai sindaci dando loro completa autonomia decisionale, tenendo presente le prescrizioni».
L’ultima parola spetta dunque al Comune. Per ora, tuttavia, il sindaco Roberto Tonon (Pd) procede con i piedi di piombo: «Troppo presto parlarne, abbiamo ricevuto solo una richiesta di ristrutturazione. Quando ci verrà comunicato un progetto vedremo se è possibile o meno realizzarlo».