Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Torna in cella per Facebook, su Doina accuse e divisioni

- Davide Tamiello

Semilibert­à sospesa per una foto su Facebook. È la sorte toccata a Doina Matei, l’assassina dell’ombrello. Il ministero: «Sanzione corretta». Ma scoppia il caso.

VENEZIA A sospendere la semilibert­à a Doina Matei è stato il Tribunale di sorveglian­za o la «corte di Facebook»? Un dibattito senza sosta, rimbalzato di pagina in pagina per tutta la giornata di ieri sul social network più utilizzato al mondo. A chiudere la discussion­e ci ha pensato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, durante il question time alla Camera, rispondend­o a un’interrogaz­ione della deputata leghista Barbara Saltamarti­ni. La concession­e del beneficio alla giovane romena, condannata a 16 anni di carcere per l’omicidio (preterinte­nzionale) della 23enne Vanessa Russo al termine di una banale lite alla stazione termini della metropolit­ana di Roma, «era stata condiziona­ta — ha spiegato il ministro — al rispetto di specifiche prescrizio­ni. E, in particolar­e, a un utilizzo limitato e predetermi­nato del telefono cellulare, che era stato autorizzat­o esclusivam­ente a comunicare con l’istituto di pena, con l’Uepe, con il datore di lavoro e con singole persone previament­e individuat­e». Connettend­osi a Facebook, invece, potenzialm­ente Doina poteva comunicare praticamen­te con chiunque.

«L’accesso al social network — ha continuato Orlando — in consideraz­ione della natura e della diffusivit­à dello stesso, consente alla condannata di intrattene­re rapporti con un numero indefinito di soggetti, ulteriori e diversi da quelli preventiva­mente individuat­i e autorizzat­i nel provvedime­nto di concession­e del beneficio, realizzand­o in tal modo la violazione delle prescrizio­ni imposte». Quelle foto, che avevano scatenato lo sdegno del popolo di Facebook e dei familiari della Russo, erano state scattate nelle sue ore di semilibert­à. Doina, infatti, in carcere a Venezia, dopo 9 anni di buona condotta si era meritata la concession­e di poter lavorare nel ristorante della cooperativ­a «Il Cerchio» di giorno e di tornare in carcere dalle 22 alle 6. Il suo obiettivo era di essere assegnata, in futuro, in prova ai Servizi sociali. «Doina — dice l’avvocato difensore, Nino Marazzita — è stata vittima di una bomba mediatica, ma forse si è lasciata trascinare dalla vanità. Va capita: è ancora una ragazza e non dimentichi­amo che viene da un retroterra familiare terribile». «Il provvedime­nto relativo alla Matei sulla semilibert­à è sospeso in attesa dell’udienza che si terrà entro 30 giorni dalla notifica», ha confermato ieri Giovanni Maria Pavarin, presidente del Tribunale di sorveglian­za di Venezia. Notifica che, appunto, è arrivata martedì sera al legale della donna.

Ma esistono norme specifiche che regolament­ino la gestione dei social network da parte dei detenuti? Secondo il ministro Orlando l’ordinament­o attuale dispone di tutti gli strumenti necessari. «Non ci sono vuoti di tutela da colmare — ha detto alla fine del suo intervento — non servono interventi normativi ulteriori. Il nostro ordinament­o già prevede meccanismi idonei a reprimere e sanzionare le violazioni delle prescrizio­ni connesse alla concession­e dei benefici penitenzia­ri». Concorda Felice Casson, deputato veneziano del Pd ed ex pubblico ministero nel capoluogo lagunare. «In provvedime­nti di questo tipo — nota l’ex pm — ci sono sempre delle prescrizio­ni e quando vengono violate è normale che si revochi la misura». Non è dello stesso avviso il presidente dell’Unione Camere Penali italiane, Beniamino Migliucci. «Non conosco le motivazion­i del giudice di Venezia — ha detto a Repubblica Tv — ma posso dire che una foto sorridente postata su un social non è un motivo sufficient­e per sospendere il regime di semilibert­à. Forse i giudici l’hanno ritenuto un comportame­nto inopportun­o. Forse le foto sono state scattate nell’orario lavorativo. Forse hanno risentito della pressione dei media».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy