Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Torna in cella per Facebook, su Doina accuse e divisioni
Semilibertà sospesa per una foto su Facebook. È la sorte toccata a Doina Matei, l’assassina dell’ombrello. Il ministero: «Sanzione corretta». Ma scoppia il caso.
VENEZIA A sospendere la semilibertà a Doina Matei è stato il Tribunale di sorveglianza o la «corte di Facebook»? Un dibattito senza sosta, rimbalzato di pagina in pagina per tutta la giornata di ieri sul social network più utilizzato al mondo. A chiudere la discussione ci ha pensato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, durante il question time alla Camera, rispondendo a un’interrogazione della deputata leghista Barbara Saltamartini. La concessione del beneficio alla giovane romena, condannata a 16 anni di carcere per l’omicidio (preterintenzionale) della 23enne Vanessa Russo al termine di una banale lite alla stazione termini della metropolitana di Roma, «era stata condizionata — ha spiegato il ministro — al rispetto di specifiche prescrizioni. E, in particolare, a un utilizzo limitato e predeterminato del telefono cellulare, che era stato autorizzato esclusivamente a comunicare con l’istituto di pena, con l’Uepe, con il datore di lavoro e con singole persone previamente individuate». Connettendosi a Facebook, invece, potenzialmente Doina poteva comunicare praticamente con chiunque.
«L’accesso al social network — ha continuato Orlando — in considerazione della natura e della diffusività dello stesso, consente alla condannata di intrattenere rapporti con un numero indefinito di soggetti, ulteriori e diversi da quelli preventivamente individuati e autorizzati nel provvedimento di concessione del beneficio, realizzando in tal modo la violazione delle prescrizioni imposte». Quelle foto, che avevano scatenato lo sdegno del popolo di Facebook e dei familiari della Russo, erano state scattate nelle sue ore di semilibertà. Doina, infatti, in carcere a Venezia, dopo 9 anni di buona condotta si era meritata la concessione di poter lavorare nel ristorante della cooperativa «Il Cerchio» di giorno e di tornare in carcere dalle 22 alle 6. Il suo obiettivo era di essere assegnata, in futuro, in prova ai Servizi sociali. «Doina — dice l’avvocato difensore, Nino Marazzita — è stata vittima di una bomba mediatica, ma forse si è lasciata trascinare dalla vanità. Va capita: è ancora una ragazza e non dimentichiamo che viene da un retroterra familiare terribile». «Il provvedimento relativo alla Matei sulla semilibertà è sospeso in attesa dell’udienza che si terrà entro 30 giorni dalla notifica», ha confermato ieri Giovanni Maria Pavarin, presidente del Tribunale di sorveglianza di Venezia. Notifica che, appunto, è arrivata martedì sera al legale della donna.
Ma esistono norme specifiche che regolamentino la gestione dei social network da parte dei detenuti? Secondo il ministro Orlando l’ordinamento attuale dispone di tutti gli strumenti necessari. «Non ci sono vuoti di tutela da colmare — ha detto alla fine del suo intervento — non servono interventi normativi ulteriori. Il nostro ordinamento già prevede meccanismi idonei a reprimere e sanzionare le violazioni delle prescrizioni connesse alla concessione dei benefici penitenziari». Concorda Felice Casson, deputato veneziano del Pd ed ex pubblico ministero nel capoluogo lagunare. «In provvedimenti di questo tipo — nota l’ex pm — ci sono sempre delle prescrizioni e quando vengono violate è normale che si revochi la misura». Non è dello stesso avviso il presidente dell’Unione Camere Penali italiane, Beniamino Migliucci. «Non conosco le motivazioni del giudice di Venezia — ha detto a Repubblica Tv — ma posso dire che una foto sorridente postata su un social non è un motivo sufficiente per sospendere il regime di semilibertà. Forse i giudici l’hanno ritenuto un comportamento inopportuno. Forse le foto sono state scattate nell’orario lavorativo. Forse hanno risentito della pressione dei media».