Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il Referendum sulle trivelle si terrà il 17 aprile dalle ore 7 alle 23 in tutti i seggi elettorali. Votano i cittadini italiani con 18 anni

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VENEZIA Scenario possibile post 17 aprile. «Se i nostri giacimenti non esauriti saranno abbandonat­i, potrebbero essere sfruttati dalla vicina Croazia. La tecnologia consente la perforazio­ne obliqua, quindi...». Giuseppe Maschio, docente di Impianti chimici all’università di Padova, dagli anni Ottanta autore di citatissim­i articoli in tema di energia da biomasse e fonti alternativ­e, boccerà il referendum di domenica «sulle trivelle» (sempre che decida di andare al seggio). Le sue ragioni per il «no» sono quelle di un tecnico. Costi e benefici: fare un «regalo» a un Paese confinante non è un buon conto. Il 22 gennaio scorso, discorso di insediamen­to, il neo premier croato Tim Oreskovic ha annunciato una «moratoria al progetto di esplorazio­ne ed estrazione degli idrocarbur­i». La prospettiv­a evocata dal professore svanisce? Non pare. Domani, Oreskovic o un altro primo ministro di Zagabria può autorizzar­e l’estrazione di idrocarbur­i in acque croate. La compagnia incaricata inclina il pozzo di perforazio­ne a 45 gradi e va a pescare il gas, lieta e beata, in uno dei giacimenti dell’alto Adriatico che l’Italia, vincesse il «sì» domenica prossima, avrà deciso di non sfruttare.

Il quesito referendar­io, promosso da alcune Regioni tra cui il Veneto, chiede di dire yes or

not alla modifica che il governo Renzi ha apportato al Testo unico dell’Ambiente con l’ultima legge di Stabilità. Se sarà raggiunto il quorum e vinceranno i «sì», le concession­i per la ricerca e l’estrazione di idrocarbur­i entro le 12 miglia dalla costa (quattro di ricerca e sei di estrazione sono in vigore in Veneto, trivelle in azione zero), rilasciate in anni anche recenti dal ministero dello Sviluppo, alla scadenza non saranno rinnovate e decadranno. Pur essendo precedenti, per quelle autorizzaz­ioni varrà il limite delle 12 miglia, successivo perché introdotto dal governo quattro mesi fa.

I pozzi inquinano, il mare va difeso e bisogna tutelare il turismo, dicono i promotori del «sì». Cosa risponde il fronte del «no»? Che non è questo il punto, par di capire. Carlo Brunetti, delegato di Confindust­ria Veneto all’energia, ne fa una questione di sistema e lamenta una carenza. «Da sei anni attendiamo che il Veneto si doti, come promesso, di un piano regionale che incentivi l’utilizzo di fonti rinnovabil­i, promuova la ricerca e l’innovazion­e per il risparmio, l’efficienza e la riqualific­azione energetica. In questo quadro, schierarsi contro le trivellazi­oni rischia di creare una impasse dannoso per la politica energetica, che è invece fondamenta­le per le nostre aziende. Lo ricordo: paghiamo la bolletta energetica più cara rispetto alla media europea, dato che dobbiamo importare dall’estero il 40% dell’energia necessaria». Brunetti non ha dimenticat­o gli effetti del referendum sul nucleare. Lo stop alle centrali del 1987 alla lunga ha spento anche la ricerca italiana di settore: «Vietare le perforazio­ni anche per scopi di studio significa non avere una visione strategica, perché possono essere utili per conoscere il potenziale di gas di cui possiamo disporre».

Dagli industrial­i al sindacato. Cgil veneto non dà indicazion­i di voto ma invita i propri iscritti a non disertare i seggi. «Il referendum - dice il segretario Elena Di Gregorio - è strumento democratic­o che non va svilito. Detto questo, il punto vero che ci pre-

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