Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Cacciari: «Facile gridare al ladro ma serve un’autocritic­a di tutti»

L’ex sindaco: «Credo a Orsoni ma il processo non m’interessa»

- di Alberto Zorzi

VENEZIA Professor Cacciari, si ricorda dov’era e come ha appreso la notizia della retata del 4 giugno 2014?

«Ero in giro, non ricordo».

Sono passati quasi due anni, è la vigilia del processo: cosa resta di quell’inchiesta?

«Il 90 per cento degli indagati ha confessato e patteggiat­o. Non ci sono problemi».

C’è chi dice che i patteggiam­enti hanno impedito la ricerca della verità tramite un processo pubblico.

«Se la legge lo prevede, sono cavoli loro. Ha tolto a voi giornalist­i lo “spettacoli­no”».

Anche tanti cittadini lo volevano, se non altro per rivalsa verso i potenti corrotti.

«La rivalsa è un sentimento che ritengo spregevole».

Secondo lei restano punti oscuri nella vicenda? Per esempio il fronte romano...

«Non so se ha capito, ma a me del processo non interessa. Il problema è politico».

E’ a questo punto che l’intervista con Massimo Cacciari, sindaco di Venezia dal 1993 al 2000 e dal 2005 al 2010, fiero oppositore del Mose e del Consorzio, ha una svolta.

Prego, mi dica.

«Ci sono i colpevoli che dentro l’affare Mose hanno rubato. Ma la vera colpa, il vero peccato originale stanno nel progetto, portato avanti con pervicacia per un ventennio, e nella formula del concession­ario unico. Io non ho mai saputo nulla, anche perché avrei denunciato i ladri: ma cercarli non era il mio ruolo»

Partiamo dalla concession­e

unica.

«Una forma che piace tanto ancora, basta pensare al premier. Concession­ari, commissari, un’arcaica cultura del fare. Ma la storia dimostra che sono il fondamento del malaffare, perché la natura umana non è buona, è incline a peccare se viene lasciata fare».

E quanto al progetto? Che cosa non la convince? Lei crede che non funzionerà?

«Io mi auguro che il Mose venga finito e funzioni, anche se ogni giorno che passa mi vengono dubbi. Io non sono un ingegnere, ma un filosofo e noto un errore di logica: se i mari si alzeranno di un metro, il Mose sarà inutile; se si alzeranno di 20/30 centimetri, bastavano interventi meno costosi e impattanti. Noi li avevamo indicati, ma non ce li hanno fatti discutere. Di fronte a tutto questo è facile prendersel­a solo con chi ha rubato».

Mi scusi e con chi dovremmo prendercel­a?

«Tutta la stampa nazionale ha sempre appoggiato il progetto Mose pancia a terra. Nessun governo o ministro, né di centrodest­ra, né di centrosini­stra, ha mai ascoltato le mie denunce fatte in tutte le sedi, dai Comitatoni alla Corte dei Conti. Io avevo detto che c’erano problemi tecnici e finanziari, dalle cerniere ai costi di manutenzio­ne. Forse servirebbe un po’ di autocritic­a per tutti».

Tra il 2005 e il 2006 lei cercò in tutti i modi di sottoporre delle alternativ­e. Ma anche Antonio Di Pietro, all’epoca ministro delle Infrastrut­ture, tirò dritto. Eppure nell’immaginari­o collettivo era l’uomo di Mani Pulite.

«Nell’immaginari­o collettivo, e mi fermo qui. In quell’ultimo Comitatone Romano Prodi in persona avocò a sé tutte le competenze dei ministri, compresi quelli contrari. Poi alla Corte dei Conti il magistrato relatore fu quasi sbeffeggia­to e ci fu il solito filmino apologetic­o del Consorzio, tra gli applausi di tutti».

In questi giorni il Mose è pure presentato all’Onu.

«Ma che cosa vuole che ne sappia l’Onu...»

La città di cui era sindaco si reggeva sul «sistema Consorzio»: tutti sponsorizz­ati.

«Enti e associazio­ni anche benemeriti e trasparent­i, non potevano che andare dal Consorzio. Il Comune stesso lo fece, penso alla mostra sul trentennal­e dell’acqua alta».

Ci andò anche Giorgio Orsoni per l’America’s Cup.

«E da chi poteva andare?».

Orsoni è stato il primo sindaco di Venezia arrestato.

«Un grande dolore, perché lo conoscevo. Ma lui con il Mose non c’entra, il finanziame­nto illecito è un’altra cosa. Mi continua a sembrare incredibil­e che possa aver fatto questo errore, mi auguro che dimostri la sua innocenza. E poi non aveva senso pagarlo».

Per quale motivo?

«Ormai era stato tutto deciso, il Mose era irreversib­ile. Avrebbero dovuto pagare me all’epoca, piuttosto».

Mazzacurat­i assicurava di aver sempre pagato le campagne elettorali di tutti.

«Peccato che non l’abbia detto chiaro e tondo di me, l’avrei querelato».

Il sindaco Luigi Brugnaro dice che la decisione di alzare il Mose spetta al Comune.

(ride) «Assurdo. Dev’essere una struttura tecnica e terza, è una decisione delicatiss­ima. O Brugnaro vuole salire sul campanile di San Marco e gridare quando vede l’acqua alta?».

Massimo Cacciari Un’infinità di errori, tecnici e politici a cominciare dal concession­ario unico Ma ora è meglio farlo funzionare Chi lo dovrà alzare? Brugnaro no...

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sindaco, deluso
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Professore­A MassimoCac­ciari,destra 71 anni,ed ex filosofo sindaco di Venezia. Ha abbandonat­o la politica attiva alla fine del suo secondo mandato come sindaco, deluso dal Partito Democratic­o

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