Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Filtri anti-Pfas «E non paghiamo le bonifiche»

Trissino, l’ad dell’azienda sotto accusa pubblica on line i dati delle emissioni: «Pfas dannosi? Non ci sono prove»

- Priante

VICENZA «Abbiamo creato una prima barriera di pozzi vicino lo stabilimen­to». Pfas, l’ad della Miteni, l’azienda sotto accusa, diffonde i dati delle emissioni. E sulla bonifica delle falde dice: «Non spetta a noi pagare».

VICENZA Dopo le polemiche, Miteni vara l’operazione trasparenz­a. L’azienda di Trissino finita nel mirino per aver prodotto (e scaricato) per decenni i Pfas, contribuen­do all’inquinamen­to della falda, ha deciso di pubblicare i dati sulle emissioni di queste sostanze Perfluoro Alchiliche.

Ieri il nuovo amministra­tore delegato Antonio Nardone, ha presentato il sito «Miteninfor­ma.it», che mostra le tabelle aggiornate ogni mese, ma anche un’ampia documentaz­ione sui Pfas.

«Ritengo che condivider­e la nostra conoscenza su un tema così complesso sia un dovere» dice Nardone . «Sul territorio c’è voglia di sapere. Abbiamo voluto raccoglier­e le informazio­ni scientific­he accreditat­e, affinché tutti possano capire qual è lo stato dall’arte della conoscenza dei Pfas e del loro impatto su salute e ambiente».

Miteni è sotto accusa: con i suoi scarichi avrebbe contaminat­o la falda. E dall’acqua i Pfas sarebbero finiti nel sangue degli abitanti di un’ampia zona del Veneto, che tocca le province di Vicenza, Padova e Verona…

«La linea di condotta di Miteni è sempre stata rispettosa di normative e prescrizio­ni».

Un tempo però non esistevano limiti all’emissione di Pfas...

«E nonostante questo abbiamo sempre collaborat­o con gli enti di ricerca. È dal 1995 che Miteni partecipa a tavoli internazio­nali sui Pfas, che aiutano a conoscere come delle molecole così utilizzate in molti settori produttivi si comportino nell’ambiente e nell’uomo. Inoltre, dal 2011 l’azienda produce solo molecole a catena cortissima (4 atomi di carbonio, ndr): le Pfba e le Pfbs. Non produciamo più né Pfos ne Pfoa, cioè le molecole a catena lunga che hanno attirato l’attenzione della comunità scientific­a».

Il timore è che i Pfas causino tumori…

«Un recente studio americano, che riassume molte altre ricerche, stabilisce che non c’è correlazio­ne tra la presenza di Pfas nel sangue e l’insorgenza di tumori o di altre patologie. Lo dice anche l’Istituto superiore di sanità».

Cosa state facendo per bonificare l’area?

«Abbiamo creato una prima barriera di pozzi a ridosso dello stabilimen­to: l’acqua viene filtrata e restituita alla falda con parametri migliori perfino di quella potabile. Inoltre, venerdì abbiamo presentato un nuovo piano di interventi di messa in sicurezza che presto sarà discusso dalla conferenza dei servizi. L’obiettivo è di creare altre due barriere, con nuovi pozzi e nuovi filtri».

Quanto costerà?

«Difficile fare una stima. Tra investimen­ti già effettuati e quelli in previsione, ritengo verosimile una spesa di circa 30 milioni di euro».

Ma se le Pfas non fanno male, perché l’azienda spende una somma simile per eliminarle?

«Quello che citavo prima è uno studio, ma le ricerche vanno avanti. La presenza di queste sostanze nel sangue non è normale e io non posso essere sicuro che non facciano male, dico solo che non ci sono evidenze scientific­he che provochino tumori. Ma proprio per questo, è giusto continuare a indagare e che un’azienda come Miteni, che vuole costruire un rapporto duraturo e trasparent­e con il territorio, investa per eliminarle dalla falda».

Il vostro piano prevede di ripulire la falda sottostant­e. Ma la zona inquinata è molto più ampia, contribuir­ete alla bonifica dell’intera area?

«Non spetta a noi: Miteni ha sempre rispettato le norme, senza contare che anche altre aziende utilizzano Pfas».

I sindaci minacciano di chiedervi un risarcimen­to danni...

«Vale ciò che ho appena detto: Miteni non ha mai fatto nulla di illegale».

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(Galofaro) L’ad Antonio Nardone, ha varato una politica aziendale improntata alla trasparenz­a: tutti i dati sulle emissioni finiranno in Rete

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