Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il nuovo «Pedro», veleni e complotti
Il centro sociale che mette insieme gli autonomi della Città del Santo compie trent’anni a ottobre, ma la sua anima è divisa dopo una scissione che ha segnato il destino della «lotta»
PADOVA Il paradosso c’è. Il centro sociale Pedro proprio quest’anno compie trent’anni, a ottobre è prevista la sua festa, eppure quel Pedro non è più lo stesso. Si è notato nella guerriglia andata in scena lunedì sera nelle piazze. Lunedì, dopo molto tempo, c’era un nemico comune, dai contorni chiari e precisi, che storicamente polarizza tutti a sinistra anche quando «quelli di sinistra» non vanno poi così d’accordo.
«Lunedì sera c’erano 150 fascisti che hanno invaso le Riviere e che sono arrivati fino a Piazza Antenore - spiega Marco Sirotti, attivista e portavoce del centro sociale Pedro - è un fatto gravissimo che supera la contestazione politica: quelle persone andavano fermate, questo facciamo noi, questo fanno gli antifascisti». Già. Eppure la lotta è cambiata. Sono cambiati «i soldati» ad esempio. Chi negli anni scorsi ha assistito a scontri contro la polizia ha visto gli scudi artigianali dei manifestanti resistere molto più a lungo di quelli che si sono alzati lunedì, crollati in pochi secondi sotto la prima carica della Digos. Gli autonomi «di una volta», non è un segreto, si allenavano allo scontro.
E poi sono cambiati i volti e i capi. Non è solo un segno normale dei tempi, è qualcosa di più. Per tutti quelli a cui dice ancora qualcosa il nome di Pietro Maria Greco detto Pedro, ucciso in una sparatoria con la Digos in via Giulia il 9 marzo 1985, il centro sociale a lui dedicato è ora geneticamente modificato. E il cambiamento è recente. La «scissione» che ha segnato il destino del centro sociale di via Ticino è avvenuta il 5 settembre del 2014. Quella sera i vertici del Pedro Pietro Despali, Susanna Scotti e Wilma Mazza vanno al Rivolta, centro sociale di Venezia, convinti di partecipare a una riunione. Ma è un ammutinamento. Vengono sfiduciati, rottamati. I «giovani», poi accusati di aver ordito trame di complotti, gli voltano le spalle. È vero che il terzetto ha in mano un potere non da poco: non c’è solo il Pedro, c’è anche Radio Sherwood, un contenitore di prodotti di qualità come la web tv, la radio stessa. E poi c’è il «blocco politico», ovvero una solida guida ideologica che Despali-Scotti- Mazza sanno gestire con successo, trainando tutti gli altri. Che però a un certo punto rivendicano la loro autonomia. Fatti fuori i capi storici, insieme a Max Gallob e Sebastian Kohlscheen (ora segretario provinciale di Sinistra Italiana) al Pedro, guidato da Graziano Sanavia, si affacciano volti nuovi. Come quello di Marco Sirotti astronomo bolognese, e Rolando Lutterotti, trentino. Ma ci sono anche Enrico Zulian, Zeno Rocca (veronese, appena condannato per calunnia dopo essersi inventato una falsa aggressione della Digos) che facevano parte del «vecchio» Pedro, ora coi rottamatori. Il centro sociale di oggi è fatto di pochi studenti e molti ex studenti e precari. Cambia pure la difesa legale per i pedrini nei guai, l’avvocato Aurora d’Agostino è sostituita da Marina Infantolino. Le redini del movimento sono a Venezia, ci pensa Tommaso Cacciari a fare da portavoce degli autonomi nordestini.
Il Pedro, o per meglio dire quello che ora si muove attorno all’area Sherwood, ha perso molto del suo peso politico, e ha pure perso la sua quota all’università: gli studenti sono pochi, la stessa carriera universitaria è corta, chi viene da fuori resta in città due anni, troppo poco per essere «cooptati». Tiene i contatti solo il Bios Lab, collettivo di ricercatori impegnati sul fronte dei migranti. I «compagni» parlano poco dei loro dissidi interni, il messaggio è che nulla si deve sapere di ciò che accade «dentro». La grande verità l’ha detta Arturo Lorenzoni alla fine della campagna elettorale: «I centri sociali, come li pensa Bitonci, non ci sono più, non c’è più quella gente lì». Gli danno ragione tutti. Soprattutto i nostalgici.
Sirotti Questo facciamo noi: fermiamo i fascisti