Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Galan vuole un nuovo processo

Dopo le assoluzion­i, legali dell’ex doge all’attacco. La procura: le accuse restano valide

- A. Zo.

VENEZIA Processo Mose, dopo le assoluzion­i di ieri, in particolar­e dell’ex europarlam­entare Sartori e di Turato, l’architetto di villa Rodella, i legali di Galan chiedono un nuovo processo. Il grande accusatore, Baita: «Sistema più ampio, favorì centinaia di persone».

VENEZIA Poco dopo mezzogiorn­o un inquirente la butta lì, quasi scherzando ma non troppo. «Vedrete che ora qualcuno tirerà fuori la questione della revisione del processo». Un sesto senso che dopo pochi minuti diventa realtà con una nota dei difensori di Giancarlo Galan, l’ex governator­e del Veneto che venne arrestato nell’inchiesta Mose il 22 luglio, dopo il via libera della Camera dei deputati, e tre mesi dopo patteggiò una pena di 2 anni e 10 mesi, non prima di aver «ceduto» allo Stato la sua villa Rodella a Cinto Euganeo. «Le plurime assoluzion­i pronunciat­e nel processo Mose dal tribunale di Venezia dimostrano la fragilità e inconsiste­nza dell’impianto accusatori­o nei confronti di Giancarlo Galan», scrivono gli avvocati Antonio Franchini e Niccolò Ghedini. «Se Galan avesse potuto anch’egli affrontare il processo - continuano i due avvocati, ribadendo la tesi che fu “costretto” a patteggiar­e per motivi personali - vi sarebbe stata una soluzione analoga, vista l’evidente inattendib­ilità delle fonti d’accusa. Anche alla luce di tale decisione, dunque, sarà necessario verificare ogni possibilit­à di revisione del processo, per dimostrare finalmente l’inconsiste­nza dei fatti e la sua estraneità».

Riavvolgia­mo il film. Giovedì sera il collegio presieduto da Stefano Manduzio ha letto la sentenza del processo agli 8 «reduci»: tra i nomi più importanti, è stato condannato l’ex ministro Altero Matteoli (4 anni per corruzione), mentre sono stati assolti l’ex sindaco Giorgio Orsoni e l’ex europarlam­entare Amalia Sartori (accusati di finanziame­nto illecito), così come l’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva e l’architetto Danilo Turato (corruzione). Ma a Galan sono proprio le posizioni di Sartori e Turato – che a differenza di Orsoni e Piva non hanno goduto di prescrizio­ni – a interessar­e. Il secondo perché era accusato di essere il coordinato­re dei lavori di villa Rodella, che le imprese «amiche» (Mantovani e Sacaim in primis) avrebbero regalato all’ex governator­e per poter ambire ad appalti della Regione. La prima perché era accusata dall’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurat­i e dall’ex presidente di Mantovani Piergiorgi­o Baita di aver ricevuto soldi in nero per le campagne elettorali. Se i giudici non hanno creduto a Mazzacurat­i e Baita su Sartori – è il ragionamen­to dei legali – perché dovrebbero ritenerli affidabili quando affermano che Galan prendeva un milione di euro come extra-stipendio dal Cvn e varie altre mazzette?

In procura, ovviamente, non c’è nessuna voglia di rispondere. Già dopo la lettura della sentenza era stato però fatto notare che Turato era stato assolto per non aver commesso il fatto, formula che potrebbe essere interpreta­ta – in attesa delle motivazion­i – come una conferma che l’accordo illecito sui lavori c’è stato (tra Galan e Baita, per esempio), ma che Turato non ne era a conoscenza: altrimenti avrebbero detto che «il fatto non sussiste». I pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini avevano poi ricordato come Sandra Persegato, moglie di Galan, sentita in aula il 27 aprile, aveva ammesso di aver versato 200 mila euro in nero («li ho preparati io») per l’acquisto della villa cinquecent­esca di Cinto Euganeo, soldi la cui provenienz­a sarebbe misteriosa e dunque sospetta.

Ma Galan ci crede e i suoi avvocati ne parlano da sempre. Idem l’avvocato Antonio Forza, che difende l’ex assessore Renato Chisso (anche lui ha patteggiat­o due anni e mezzo) e che però in questo caso resta più defilato, in attesa delle motivazion­i. Certo un varco sulla credibilit­à di Mazzacurat­i potrebbero sparigliar­e le carte.

Intanto anche ieri in procura non si è smesso di passare la sentenza ai raggi X. La soddisfazi­one resta, anzi pare aumentare di ora in ora. Per esempio è stato notato anche che la prescrizio­ne di Orsoni sui finanziame­nti «in nero» – che per la procura è la conferma che l’ex segretario di Mazzacurat­i Federico Sutto è stato ritenuto attendibil­e quando ha detto di avergli portato 250 mila euro – è avvenuta con il secondo comma dell’articolo 531 del codice: cioè con «dubbio sull’esistenza di una causa di estinzione del reato». Questo perché Sutto ha collocato le dazioni a Orsoni in un periodo generico, tra febbraio e marzo 2010 e dunque sarebbero già passati per un soffio i 7 anni e mezzo. «E’ stato applicato il principio del favor rei», spiega il procurator­e capo Bruno Cherchi, a conferma che tra i pm non c’è nulla di cui rammaricar­si, anche se sarebbe bastato chiudere il processo prima dell’estate. E torna in mente la proposta di patteggiam­ento rigettata dal gip il 28 giugno 2014, da un lato perché ritenuta incongrua (4 mesi e 15 mila euro di multa), dall’altro perché lo stesso Orsoni ritrattò. «All’epoca lo dicemmo che c’era il rischio di una prescrizio­ne», ricordano oggi i pm. Proprio sui tempi la procura valuterà anche l’ipotesi di un appello. «Soprattutt­o su Sartori», afferma Cherchi. Delle quattro consegne dichiarate da Mazzacurat­i fino al 2012. l’unica che aveva una concretezz­a era quella, presunta, del 6 maggio 2010 all’Holiday Inn di Marghera. I giudici non ci hanno creduto e comunque il reato si prescriver­à a novembre. In procura fanno poi notare, a chi accusava i pm di aver «svenduto» i patteggiam­enti che i 4 anni presi da Matteoli sarebbero 2 anni e 8 mesi con lo sconto di un terzo della pena, in piena linea con la condanna di Galan. «Che però aveva messo sul piatto 2,6 milioni di euro», si osserva.

La posizione Dopo lo scandalo, Giancarlo Galan patteggiò per le vicende del Mose 2 anni e 10 mesi. Su di lui pesano 5 milioni di euro di danni da pagare

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