Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Più controlli sui pm Renzi con me fu arrogante»
Orsoni: «Sono stato ingenuo. Mazzacurati? Preferirei non vederlo»
«Servono più controlli sui pm. Il Pd? Con me si è comportato malissimo. Renzi fu arrogante e populista». Dopo l’assoluzione, parla l’ex sindaco Giorgio Orsoni.
La porta è quella, il campanello anche. Qui, alle 4 di mattina del 4 giugno 2014, suonarono i finanzieri per notificargli l’ordinanza di arresto ai domiciliari per i finanziamenti illeciti di Giovanni Mazzacurati e del Consorzio Venezia Nuova durante la campagna elettorale di quattro anni prima. «Mi sarei dovuto svegliare mezz’ora dopo per andare in aeroporto e poi a Roma, a Palazzo Chigi. Ero proprio un imputato in fuga - ironizza Giorgio Orsoni - O forse quel giorno, visto che c’era la stampa di tutto il mondo per la Biennale, qualcuno riteneva che ci sarebbe stato più clamore». Ma è un sorriso amaro, al termine di una vicenda che gli ha distrutto la vita e la carriera. Giovedì è arrivata l’assoluzione, anche se – in attesa delle motivazioni – la procura ha detto che si è salvato solo grazie alla prescrizione.
Tutto partì con l’arresto.
«Una gratuita aggressione, priva di presupposti sostanziali e processuali. Da mesi circolavano le voci su un mio coinvolgimento nell’inchiesta, io più volte avevo chiesto alla procura di essere sentito, ma sono sempre stato rassicurato. Sono rimasto incredulo nel vedere un ufficio così delicato come una procura gestito in modo così spregiudicato».
Ma avvocato, lei dopo pochi giorni chiese di patteggiare e fu liberato. Non era un’ammissione di colpevolezza?
«Anche questa è stata una montatura di pm. Lo negheranno sempre, ma sono stati loro a propormi il patteggiamento, forse perché si sono resi conto di aver esagerato con me e cercavano una via d’uscita rapida».
Allora perché patteggiare?
«Volevo tornare libero per chiudere il bilancio del Comune e la trattativa sul personale. Poi a fine luglio mi sarei dimesso. Fui ingenuo perché pensavo di avere a che fare con persone interessate al bene della città e non al proprio orticello di parte. Mi dimisi e all’udienza del 28 giugno il patteggiamento saltò».
All’epoca lei accusò il Pd di averla abbandonata. Dopo l’assoluzione molti si sono congratulati con lei.
«Il mondo è pieno di sepolcri imbiancati. L’unico esponente del Pd che fin da subito mi telefonò e manifestò incredulità per le accuse fu Piero Fassino. Vicino mi è stato anche Pier Paolo Baretta. Ora prendo atto che qualcuno si è ravveduto, ma allora il Pd si comportò malissimo, a partire da Matteo Renzi, che fu arrogante e populista».
Si disse che lei aveva un carattere troppo spigoloso.
«Di certo mi sono fatto molti nemici. Ho detto in faccia a Paolo Scaroni, a un’assemblea di Confindustria, che l’Eni stava in silenzio sulle bonifiche di Marghera. Ho litigato con Enrico Marchi di Save. Il Pd era insofferente perché credeva che sarei stato un burattino e non voleva che cedessi la gestione del Casinò, che invece lo avrebbe salvato».
E poi Mazzacurati.
«Sull’Arsenale non eravamo d’accordo. Al Comitatone ci scontrammo duramente, come è emerso al processo».
C’è qualcosa di cui si pente?
«Forse avrei dovuto presentarmi in procura prima, con uno stuolo di avvocati, per farmi sentire. Ma ero tranquillo perché consapevole di non aver fatto nulla di illecito».
In questi anni lei si è vergognato a girare per Venezia? Come ha reagito la città?
«Io vado sempre a piedi da casa al mio studio. Ogni tanto qualcuno mi guarda in cagnesco, ma in città ho percepito una grande solidarietà. Poi è chiaro che ho avuto danni enormi professionali e la mia immagine è uscita scalfita da queste ignobili accuse».
Veniamo alle accuse. Avete dimostrato ai giudici che i finanziamenti «in bianco» erano regolari e che non sapevate dei meccanismi illeciti.
«Veramente avrebbero dovuto essere i pm a dimostrare il contrario. Vede che c’era un castello di accuse illogiche e prive di buon senso?».
Poi c’è Federico Sutto, che ha raccontato in aula di averle portato 250 mila euro in studio. La procura dice che la prescrizione dimostra che i giudici gli hanno creduto.
«I pm dovrebbero stare zitti, io ho la mia idea ma non voglio dirla. Forse si è cercata una soluzione che salvasse tutto... Quanto a Sutto, ha parlato solo quando è stato “ricattato” per patteggiare. La sua testimonianza è stata palesemente montata, concordata. Io i soldi non li ho mai visti, forse se li è tenuti Mazzacurati. Mi ha stupito che nessuno abbia poi mai controllato la corrispondenza tra eventi della campagna elettorale e spese. Avrebbe visto che era tutto regolare».
Ma perché i pm ce l’avrebbero con lei?
«Me lo sono chiesto tante volte, ma non ho risposte. Però questa vicenda mi ha insegnato alcune cose. Io sono sempre stato rispettoso delle istituzioni, ma alcune vanno riviste. Serve un controllo giurisdizionale maggiore sui pm, i gip sono troppo contigui. Serve la separazione delle carriere».
Chiederà un risarcimento per ingiusta detenzione?
«Ci ragioneremo».
Se avesse qui Giovanni Mazzacurati cosa gli direbbe?
«Preferirei non vederlo».
Ci terrebbe a partecipare al taglio del nastro del Mose?
«Non credo che mi inviteranno. Io sono sempre stato favorevole alla difesa della città e mi fido dei tecnici: quindi spero che funzionerà».