Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I drammi del ‘900 nei cento scatti di Robert Capa

Apre oggi a Bassano la monografic­a dedicata al formidabil­e fotografo che si spostava dove c’era la guerra per «la necessità etica di testimonia­re». Scatti storici, dall’espulsione di Trozky dall’Urss all’assedio franchista a Madrid

- Isabella Panfido

Come fa bene andare a Bassano, al Museo Civico e civilissim­o, e vedere cos’è stata la Fotografia! «Robert Capa Retrospect­ive» apre oggi e fino al 22 gennaio la mostra, curata da Denis Curti (Casa dei Tre Oci) e Chiara Casarin ( direttrice Museo Civico), dedicata al formidabil­e fotografo, nato a Budapest nel 1913 da genitori ebrei e morto in Indocina nel 1954.

Ben 97 scatti, in un bianco e nero che abbaglia per 11 sezioni che raccontano la storia di vent’anni fondamenta­li del Novecento: dalla Copenhagen del 1932 con un Trozky espulso dall’Urss e già minacciato che arringa una folla di universita­ri, alla guerra di Indocina nel 1954, là dove il leggendari­o fotografo perse la vita in un campo minato. Fotografie di un nitore visivo e intellettu­ale stupefacen­te: Capa – il cui vero nome era Endre Friedmann – si spostava dove c’era guerra per la necessità etica di testimonia­re, schierando­si, la storia del suo tempo. Dopo gli scatti quasi clandestin­i su Trozky, Capa nel 1934 giunge a Parigi – là dove incontra il grande amore Gerda Taro, fotografa sensibilis­sima, con la quale inventerà il personaggi­o Robert Capa - e della metropoli coglie l’inquietudi­ne di chi tentava di opporsi alla minaccia dei fascismi europei. Con Gerda, quasi un corpo fotografic­o solo con quattro occhi, va a documentar­e la guerra di Spagna e le immagini dell’assedio franchista di Madrid escono sul giornale francese “Regards”: testimonia­nza «prodigiosa della capitale crocefissa».

In mostra veri miracoli di luce e precisione – date le precarie e pericolose condizioni di lavoro – benedetti dalla rara capacità di cogliere l’acme di un gesto, la densità di un’emozione, l’attimo del dramma, come la famosa e discussa foto ( ‘36) della morte del miliziano. Dopo

la Capa tragica lascia fine l’Europadell­a Taroper la nel’37, Cina: in mostradai Giapponesi,la serie sulla devastataC­ina, invasa dall’alluvione delle causatodig­he sul dalle Fiumedistr­uzioni Giallo, per tentativo fermare di i Giapponesi.Chang KaiShek

entrano Disperazio­ne nell’obiettivoe distruzion­edi Capa ma quasi e di della taglio, sofferenza­per dire dell’umanocon rispetto e dignità. Ancora guerra, la tremenda del ‘40-45, e Capa è a Londra, dove coglie nella signorilit­à di un “tea-time” all’aperto sotto le bombe, la fermezza della resistenza britannica. Poi lo sbarco in Normandia e la leggendari­a sua serie di scatti “bruciati” nello sviluppo: di quegli 11 rimasti, a Bassano ne vedremo solo tre, «leggerment­e mossi», sconvolgen­ti, forse alterati dalla paura di essere là, sempre così vicino, dentro a quel che accadeva. E dall’Italia liberata un soldato americano confabula con un contadino siciliano per orientarsi nella piana assolata del Ragusano: guardate i dettagli perfetti, gli stivali del soldato, gli zoccoli legati con lo spago del contadino, poi guardate gli occhi, le mani. Capa ha raccolto l’anima e l’ha fatta immagine. Più lieve l’ampia sezione dedicata a quel lato mondano di Capa che lo fece amare da tutti, seduttore e generoso bevitore (le Magnum di champagne hanno battezzato l’Agenzia da lui fondata nel ‘47 con Cartier Bresson e altri grandi): ritratti degli amici, da Hemingway a Steinbeck – correttori dell’autobiogra­fia di Capa – da Picasso a Matisse, da Ingrid Bergman a Gary Cooper. Il suo viso, nello scatto di Ruth Orkin nel ‘52 dice più di ogni commento: irresistib­ile. Orario 10-19, chiuso il martedì.

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Simboli Berlino 1945; a destra: la morte del milite spagnolo nel 1936; lo sbarco in Normadia nel 1944
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