Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Zafón racconta la magia di scrivere «Così vivo mille vite»
Il più letto fra gli scrittori spagnoli viventi, ospite a Cortina, racconta la fine della tetralogia di Barcellona, con «Il labirinto degli spiriti» «Arrivederci definitivo al protagonista: ha capito il valore della memoria» L’AUTORE
«Vedete quel raggio di sole dietro il Faloria? Sto esercitando il mio magico potere. Doveva pioverci in testa, e invece...». Cortina un po’ gotica, come le storie raccolte nei suoi libri: la giornata uggiosa, le nuvole, la nebbiolina che sale dal Cadore, il sole che si fa vedere solo a momenti. Ma dentro, nella sala dell’Alexander Hall, ad aspettare Carlos Ruiz Zafón ci sono seicento lettori, tra alunni delle scuole e semplici appassionati. E questo, forse, è il vero magico potere di Zafón: portarsi dietro, ovunque racconti le sue storie, un pubblico imponente, unito da segreti, invisibili legami.
Dopo l’incontro a Pordenonelegge (e prima di Venezia, dove sarà oggi, al Fondaco dei Tedeschi) è a Una Montagna di Libri che il più letto tra gli autori viventi in lingua spagnola sceglie di parlare. Lo fa al culmine di una stagione da record, che ha visto circa 20mila presenze complessive in sala per il festival di incontri con l’autore di Cortina d’Ampezzo (che oggi si chiude con l’intervento di Marcello Coronini, organizzato con Cortina For Us). L’autore della tetralogia di Barcellona, cominciata con L’ombra del vento e che adesso si conclude con Il labirinto degli spiriti (Mondadori), racconta al
Corriere del Veneto il suo personale rapporto con la scrittura.
Dal 2001 al 2016, un quindicennio di scrittura per quattro libri che hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo. Come si è sentito quando ha chiuso l’ultima riga di una storia durata tremila pagine?
«Potrei rispondere partendo dal fatto che i titoli dei vari capitolo di quest’ultimo libro, Il labirinto degli spiriti, sono presi dalla messa da requiem: Kirie Eleison, Dies Irae, e così via. Non è una scelta casuale, ovviamente. La ragione è proprio che siamo ormai arrivati alla fine. I miei lettori si sentono a casa con le storie della famiglia Sempere, con Daniel, con Isabela, e tutti gli altri: ma questa volta, finalmente, tutti i fili tirati in questo e negli altri libri conducono a una conclusione, all’incastro delle storie. Arriviamo al cuore della verità, ogni pezzo trova il suo incastro. Questo vale per il lettore ma anche per lo scrittore, cioè per il sottoscritto. A volte mi è capitato, dopo molti giorni di lavoro intenso, di rendermi conto che davvero mi ero addentrato nel mio stesso universo di immaginazione, che avevo un po’ perso il contatto con il resto del mondo. Uscirne bruscamente è bello ma è anche straniante: ero nel libro, torno alla vita normale, ma la mia mente, in qualche modo, è ancora là. Nel racconto».
La storia del Cimitero dei libri dimenticati si conclude. Per lei, per i lettori. Ma forse, soprattutto, per il protagonista Daniel.
«Per lui è un arrivederci definitivo, e in un certo senso un modo per esorcizzare le ultime cose che andavano risolte, nella sua lunga avventura. Lo avevamo incontrato all’inizio dell’Ombra del vento: era un ragazzino ossessionato dall’assenza della sua madre morta, quasi un fantasma che aleggiava in tutta la storia. Alla fine di questo romanzo viene a sapere che cosa le è successo, e insieme trova una conclusione, nella sua vita di personaggio. Capisce il significato e il valore della memoria, e molte altre cose».
C’è un libro che ha letto e che l’ha influenzata in modo particolare?
«Per me l’atto di leggere e di scrivere sono entrambi una sorta di magia, in un certo senso speculare. Attraverso l’inchiostro e la carta è possibile vivere mille vite, e per fare questo non c’è bisogno di denaro né di altro. È per questo che, volendo capire esattamente come facessero gli autori a produrre le loro opere, volendo carpire il meccanismo segreto che ne era alla base, ho letto qualsiasi genere di libro: dai gialli al fantasy, dall’avventura ai fumetti. Dunque non c’è un libro in particolare che mi abbia influenzato più degli altri. Ai giovani dico di ricordare l’importanza che ha il mondo della loro stessa immaginazione E ovviamente di leggere più libri possibile».
Umberto Eco ha detto: chi non legge, a settant’anni avrà vissuto una sola vita, la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni.
«La vita è breve, molto breve, passa in un lampo. Sempre ai ragazzi dico: molto presto voi che adesso avete sedici, diciassette anni vi ritroverete ad avere l’età che ho io ora. Vi sembrerà che siano passati solo dieci minuti, e invece... Dunque godetevi i libri, se volete avere una vita più lunga e migliore».