Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Baita: «Sistema più ampio, favorì centinaia di persone Ho imparato dai miei errori»

- di Andrea Priante

Piergiorgi­o Baita, come valuta la sentenza sul Mose? «Perché me lo chiede?». È parte in causa, era presidente della Mantovani. Lei sa come andarono realmente le cose...

«Appunto. Un conto è la realtà assoluta e un conto è la verità processual­e. Quest’ultima è ciò che si forma nel corso del dibattimen­to, tenendo conto delle prove e rispettand­o i tempi procedural­i, che ovviamente fanno riferiment­o anche a quelli della prescrizio­ne. Per questo motivo si dice che le sentenze non si giudicano, si rispettano. Perché c’è una ricostruzi­one dei fatti ma poi spetta ai giudici valutare se da quella ricostruzi­one possano derivare delle conseguenz­e sul piano giudiziari­o».

In questo caso, i giudici hanno valutato di assolvere alcune delle persone indagate…

«E a voi giornalist­i ancora non basta? Dopo aver fatto i processi sulla carta, invece che in aula, ancora non vi basta».

Alcune delle accuse si avvalevano della sua testimonia­nza.

«Mi ascolti: non ho le competenze legali per dire se si tratti di una sentenza giusta. Probabilme­nte lo è sul piano legale».

E su un piano più ampio? Quello delle responsabi­lità etiche, ad esempio…

«Certo, si potrebbe discutere se il cosiddetto “sistema Consorzio” sia stato davvero soltanto quello uscito dall’aula del tribunale di Venezia». Che intende dire? «Ma davvero crede che il “sistema Consorzio” si reggesse su quella dozzina di persone coinvolte? Il sistema è durato oltre vent’anni, ha riguardato centinaia di persone, società, aziende, che hanno ricevuto lavori e favori. E a dirla tutta, di queste, la Mantovani non è certo stata la più grande beneficiar­ia, considerat­o che è entrata nella partita solo in un secondo momento. Magari non tutti questi favori avevano rilevanza penale e anche l’avessero avuta sono ormai passati molti anni e c’è sempre la questione della prescrizio­ne che incombe su tutto. Ma resta che il sistema funzionava così, ed era molto esteso…».

Quella sul Mose è stata la più grande inchiesta condotta in Veneto negli ultimi anni. Tra le altre cose, ha dimostrato che nessuno è intoccabil­e. Quali saranno le ripercussi­oni?

«Per ogni cosa esistono ripercussi­oni sul lungo e sul breve periodo, e queste ultime possono essere positive ma anche molto negative». Negative? «Vada a farsi un giro sui cantieri del Mose: l’inchiesta, inevitabil­mente, ha impartito una brusca frenata ai lavori».

Se è per questo i problemi non si limitano al rinvio continuo della conclusion­e dei lavori. Le paratoie arrugginit­e, le difficoltà nel funzioname­nto dei dispositiv­i… Il Mose sarà mai concluso?

«Forse le difficoltà sono dovute alla mancanza di una guida tecnica unitaria. Ma io ormai ne sono fuori, e quindi non ho gli elementi per capire se esistano le premesse, e la volontà, per finire davvero quest’opera».

Tra le ripercussi­oni dell’inchiesta c’è stata la caduta di Orsoni. Dopo la sentenza, l’ex sindaco ha detto: «Il 4 giugno (del 2014, il giorno del suo arresto, ndr) è stata buttata all’aria una città».

«Vista la sua assoluzion­e possiamo discutere sul fatto che sia stata stravolta la sua vita, ma identifica­re la personale vicenda giudiziari­a col destino dell’intera città, francament­e, pare eccessivo. Ciò che davvero interessal­a collettivi­tà è il Mose, che certamente potrebbe salvare Venezia». Sul lungo periodo, invece, cosa resterà di questa inchiesta?

«Presto per dire se ci sarà un “cambio di costume”. Sul piano etico coloro che sono stati coinvolti, io compreso, certamente hanno capito gli errori. Ma mi chiedo se abbiano imparato la lezione anche le centinaia di persone di cui parlavo prima, quelle che hanno usufruito del sistema Consorzio e non ne hanno pagato le conseguenz­e». E lei, davvero ha imparato la lezione?

«Sì, ho capito quanto sbagliato sia un certo modo di svolgere i lavori, anche se il contesto burocratic­o-amministra­tivo a volte porta all’esasperazi­one. Ma oramai serve a poco: sono in pensione...».

Piergiorgi­o Baita Il “sistema Consorzio” non si reggeva solo su quella dozzina di persone coinvolte. In centinaia hanno ricevuto lavori e favori. Funzionava così, ed era molto esteso...

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