Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

L’ex presidente del Porto di Venezia: impariamo dal quanto fatto dalla Toscana a Livorno

- Marco Bonet

«Guardi, si possono fare mille ragionamen­ti, in qualche caso corretti, spesso suggestivi, sempre e comunque legittimi, ma alla fine la domanda da porsi è una soltanto: quanto importante è, per il Veneto di oggi, l’idrovia? A che punto si colloca quest’opera nella scala delle nostre priorità?». Paolo Costa, ex rettore di Ca’ Foscari, ex sindaco di Venezia e ministro dei Lavori pubblici, ex presidente del Porto, si ferma per qualche secondo. Ci pensa su. «Le priorità... - sospira sconsolato - ma la nostra regione ce l’ha una scala delle priorità?».

Nella domanda sembra annidarsi la risposta.

«Facciamo un passo indietro, penso possa aiutare a capire. In Italia le “Grandi Opere” si realizzano da sempre con tempi talmente dilatati tra il momento del concepimen­to e quello della realizzazi­one, che poi non ci si ricorda più perché le si erano volute fare. Ci si guarda attorno ed è cambiato il contesto, è cambiato il territorio, sono cambiate le esigenze e le “Grandi Opere” non servono più, anche se il cantiere è ancora aperto e il progetto lì sul tavolo».

È il caso dell’idrovia Padova-Venezia?

«Potrei dirle che il caso dell’Alta Velocità, realizzata subito tra Padova e Venezia e poi rimasta ferma per anni, così che nel frattempo il governo ha preferito concentrar­si altrove, a Milano e più a ovest, ma stiamo sull’idrovia. Quest’ultima non è affatto una “Grande Opera”, è solo la piccola parte di una “Grande Opera”, nata dall’intuizione grandiosa di Innocenzo Gasparini, l’ex rettore della Bocconi. Per Gasparini l’idrovia sarebbe dovuta partire da Venezia, avrebbe dovuto attraversa­re Padova, arrivare a Milano e poi di lì salire fino a Locarno, in Svizzera, replicando quel si stava realizzand­o nel Mare del Nord con il canale tra Rotterdam, in va, tremenda, è far finire di nuovo sott’acqua Padova in caso di alluvione, o la Bassa Padovana se si vorrà sacrificar­e quella zona per salvare il capoluogo».

L’importanza dell’idrovia, sotto questo secondo aspetto, viene riconosciu­ta da tutti. Ma la Regione, che ha presentato il nuovo progetto preliminar­e, dice che 461 milioni per farla da sé non ce li ha.

«E se domani Padova finisce sott’acqua, cosa si dirà, “colpa dello Stato che non ci ha dato i soldi”? Per carità, magari così ci si sgrava la coscienza ma non penso che ai padovani basterà. Il punto è che prima dei soldi occorre la volontà politica. E così torniamo alla domanda iniziale. Il Veneto ha una classe dirigente? Questa classe dirigente è in grado di esprimere la sua leadership? Io credo che la leadership si eserciti innanzitut­to indicando delle priorità, una short-list delle cose da fare in fretta, qui e ora. Attorno a quei progetti va poi costruito un consenso diffuso, quindi si deve pensare alla strada per portarli a casa. Se si vuole, la strada si trova, come l’ha trovata la Regione Toscana, che vuole investire sul porto di Livorno e per questo ha messo sul piatto, di suo, 300 milioni. Non basta scrivere una lettera a Roma sperando che finisca tra le mani di qualche volenteros­o di buon cuore»

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