Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
L’ex presidente del Porto di Venezia: impariamo dal quanto fatto dalla Toscana a Livorno
«Guardi, si possono fare mille ragionamenti, in qualche caso corretti, spesso suggestivi, sempre e comunque legittimi, ma alla fine la domanda da porsi è una soltanto: quanto importante è, per il Veneto di oggi, l’idrovia? A che punto si colloca quest’opera nella scala delle nostre priorità?». Paolo Costa, ex rettore di Ca’ Foscari, ex sindaco di Venezia e ministro dei Lavori pubblici, ex presidente del Porto, si ferma per qualche secondo. Ci pensa su. «Le priorità... - sospira sconsolato - ma la nostra regione ce l’ha una scala delle priorità?».
Nella domanda sembra annidarsi la risposta.
«Facciamo un passo indietro, penso possa aiutare a capire. In Italia le “Grandi Opere” si realizzano da sempre con tempi talmente dilatati tra il momento del concepimento e quello della realizzazione, che poi non ci si ricorda più perché le si erano volute fare. Ci si guarda attorno ed è cambiato il contesto, è cambiato il territorio, sono cambiate le esigenze e le “Grandi Opere” non servono più, anche se il cantiere è ancora aperto e il progetto lì sul tavolo».
È il caso dell’idrovia Padova-Venezia?
«Potrei dirle che il caso dell’Alta Velocità, realizzata subito tra Padova e Venezia e poi rimasta ferma per anni, così che nel frattempo il governo ha preferito concentrarsi altrove, a Milano e più a ovest, ma stiamo sull’idrovia. Quest’ultima non è affatto una “Grande Opera”, è solo la piccola parte di una “Grande Opera”, nata dall’intuizione grandiosa di Innocenzo Gasparini, l’ex rettore della Bocconi. Per Gasparini l’idrovia sarebbe dovuta partire da Venezia, avrebbe dovuto attraversare Padova, arrivare a Milano e poi di lì salire fino a Locarno, in Svizzera, replicando quel si stava realizzando nel Mare del Nord con il canale tra Rotterdam, in va, tremenda, è far finire di nuovo sott’acqua Padova in caso di alluvione, o la Bassa Padovana se si vorrà sacrificare quella zona per salvare il capoluogo».
L’importanza dell’idrovia, sotto questo secondo aspetto, viene riconosciuta da tutti. Ma la Regione, che ha presentato il nuovo progetto preliminare, dice che 461 milioni per farla da sé non ce li ha.
«E se domani Padova finisce sott’acqua, cosa si dirà, “colpa dello Stato che non ci ha dato i soldi”? Per carità, magari così ci si sgrava la coscienza ma non penso che ai padovani basterà. Il punto è che prima dei soldi occorre la volontà politica. E così torniamo alla domanda iniziale. Il Veneto ha una classe dirigente? Questa classe dirigente è in grado di esprimere la sua leadership? Io credo che la leadership si eserciti innanzitutto indicando delle priorità, una short-list delle cose da fare in fretta, qui e ora. Attorno a quei progetti va poi costruito un consenso diffuso, quindi si deve pensare alla strada per portarli a casa. Se si vuole, la strada si trova, come l’ha trovata la Regione Toscana, che vuole investire sul porto di Livorno e per questo ha messo sul piatto, di suo, 300 milioni. Non basta scrivere una lettera a Roma sperando che finisca tra le mani di qualche volenteroso di buon cuore»