Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
L’agronomo e i fertilizzanti «No all’aratro, sì ai vermi Così salviamo la terra»
BRESSANVIDO Lombrichi e colture «di copertura», piccoli incisioni del terreno al posto dei solchi dell’aratro e rulli «devitalizzatori» al posto dei diserbanti.
È il progetto di agricoltura sostenibile «Suolo vivente», presentato ieri a Bressanvido al Festival dell’Agricoltura. «La pianura, così come viene coltivata oggi, è in una situazione di crisi gravissima, ogni ettaro perde 5 tonnellate di terra all’anno per erosione» avverte Francesco Da Schio, agronomo vicentino che coordina il programma sperimentale. Il conte Da Schio, nei 40 ettari della sua azienda di Villa Dose (Rovigo), ha abbandonato l’aratro già da otto anni, arrivando alla fine ad ottenere la stessa produzione di prima (di frumento, orzo, soia) pur con questi metodi innovativi ed ecologici. Ad aprile, assieme ad altre tre realtà agricole, all’università di Padova e ad altri partner, ha assunto il ruolo di capofila di un progetto di 12 mesi per informare il resto del mondo agricolo veneto: «Suolo vivente», appunto, a cui la Regione ha riconosciuto un finanziamento di 50mila euro nell’ambito del Psr – Programma di sviluppo rurale 2014-2020. «È noto da anni, lo dice l’Unione Europea, che nella pianura padana è in corso una gravissima crisi da erosione idraulica ma anche eolica – osserva l’agronomo – il suolo si abbassa di mezzo millimetro l’anno. Gli aratri negli ultimi 30 anni sono diventati più grandi e scavano troppo a fondo, allo stesso tempo non ci sono più le tante piccole stalle di un tempo e lo spargimento di letame si è estremamente ridotto». Risultato, secondo l’agronomo i microorganismi che creano humus e costituiscono un nutriente (per le piante) collante del terreno sono stati pesantemente danneggiati, il che fa sì che «ogni anno il grosso dei concimi finisca nei fiumi ad alimentare le alghe, come pure i prodotti fitosanitari». L’agricoltura alternativa proposta dal team di coltivatori propone una semina «attraverso piccole incisioni sul terreno, senza aratro», in un terreno «sodo», non dissodato ma mantenuto sempre coperto con delle coltivazioni specifiche che proteggono i microorganismi sottostanti e i lombrichi, favorendone la moltiplicazione. Quando è il momento di togliere la coltivazione di copertura «si interviene con dei diserbanti, o meglio ancora in modo naturale con degli speciali rulli che il nostro team sta studiando e realizzando» conclude Da Schio.