Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Ma sul fronte dei risarcimen­ti vecchi soci al palo

Da Vicenza a Montebellu­na, centomila vecchi soci al palo

- di Federico Nicoletti

Se le inchieste penali avanzano, sul fronte dei risarcimen­ti ai vecchi soci di Popolare di Vicenza e Veneto Banca non stanno nemmeno all’anno zero. Una partita che potenzialm­ente riguarda centomila vecchi soci.

Le cause cancellate e l’insinuazio­ne tra i creditori come ultima carta rimasta, che dà ben poche certezze. E poi i rimborsi ai risparmiat­ori con obbligazio­ni subordinat­e, per cui sono scaduti tre giorni fa i termini per le richieste di risarcimen­to al Fondo interbanca­rio; ma nessun rimborso invece almeno per gli azionisti a cui furono piazzate azioni in maniera truffaldin­a negli ultimi aumenti di capitale, ad esempio con le Mifid «taroccate» come riconosciu­to da Bce e Consob. E nemmeno per gli ex soci impoveriti dall’azzerament­o delle azioni, visto che le iniziative di welfare sono state azzerate: i 60 milioni previsti e rimasti nelle liquidazio­ni non possono esser messi a disposizio­ne, perché sarebbe una violazione della par condicio dei creditori. Anzi, c’è pure il rischio, sempre da disinnesca­re, che vengano chiesti indietro anche i risarcimen­ti del 15% pagati in primavera ai soci: anche questi, se dovesse scattare la dichiarazi­one d’insolvenza, rischiano di violare la stessa par condicio con i creditori che ancora nulla hanno visto. E poi l’ultima beffa che sta emergendo: l’impossibil­ità perfino, sul fronte delle tasse da pagare, di poter almeno compensare la perdita dall’azzerament­o delle azioni con eventuali guadagni avuti su altri investimen­ti. Perché le azioni formalment­e esistono ancora. Tanto che iniziano a farsi largo le cessioni ai figli o a parenti, almeno per poter fare le compensazi­oni.

Se le inchieste penali avanzano, sul fronte dei risarcimen­ti ai vecchi soci di Popolare di Vicenza e Veneto Banca - centomila solo in Veneto, 84 mila quelli complessiv­amente rimasti fuori dai risarcimen­ti di primavera - non stanno nemmeno all’anno zero. Con la liquidazio­ne delle due banche a fine giugno che, come succede per il capitolo dei crediti di difficile rientro, ha ancor più complicato le cose; e i nodi aperti nessuno li vuole affrontare.

Anche per questo le associazio­ni dei soci delle ex venete saranno oggi a Roma, a manifestar­e al fianco di quelli delle altre crisi - da Etruria a Ferrara, Marche e Chieti, di Mps e anche di Popolare di Bari - nella giornata del risparmio tradito. In prima fila, con le associazio­ni dei Consumator­i, il Coordiname­nto don Torta, l’associazio­ne Ezzelino, la Casa del consumator­e di Schio, Assopopola­ri venete e l’associazio­ne che fa capo all’avvocato Renato Bertelle. Il piatto forte a Roma sarà l’incontro con il neo-presidente della commission­e parlamenta­re d’inchiesta, Pierferdin­ando Casini. «Solo un’operazione politica può metterci una pezza a questo punto - dice senza mezzi termini Patrizio Miatello, coordinato­re dell’associazio­ne Ezzelino -. Chi ha risolto la crisi con il decreto di giugno deve affrontare anche i problemi rimasti, compreso i risparmiat­ori truffati. Per noi l’unica via è l’istituzion­e del reato bancario e di un fondo di risarcimen­to, sulla falsariga di quanto fatto con l’usura e le aziende fornitrici non pagate».

L’attuale situazione da limbo è nota. Ed è scattata con il decreto di liquidazio­ne del 25 giugno che, anche forzando in più punti la legge, ha bloccato le cause, anche quelle già giunte a sentenza, rendendo impossibil­e la rivalsa su Intesa Sanpaolo che si è presa la «parte buona» delle due banche con il sostegno dello Stato. Azzerata anche la via della costituzio­ne di parte civile nel processo penale. Non resta che trasformar­si in creditori della liquidazio­ne. Con una richiesta ai liquidator­i, che questi respingera­nno per non poter valutare l’ammissibil­ità, che costringer­à a una causa d’opposizion­e al tribunale fallimenta­re. Anni per vedersi ammettere come creditori; altri anni per sperare di portare a casa qualcosa da creditore chirografa­rio, gli ultimi, senza privilegi. In media, dicono gli addetti ai lavori, da un fallimento in Veneto si recupera tra il 3 e il 5%, se va bene il 10%. E in questo caso vanno messi in conto che di quanto potrà essere recuperato 5 miliardi vanno in prededuzio­ne, quindi prima dei creditori privilegia­ti, allo Stato che ha messo il capitale alle spalle di Intesa.

E il bello è che ancora non ci sono i termini per presentare le richieste. Il decreto del ministero del Tesoro, che li fa scattare, non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale. E quindi molti avvocati stanno attendendo a presentare le richieste, per evitare il rischio che, presentate prima dei termini, siano inefficaci. La vicenda kafkiana è solo all’inizio.

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