Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

È UNO STRUMENTO CHE HA VALORE

- di Davide Rossi

Il più celebre è probabilme­nte il primo, e ci si riferisce al referendum del giugno del 1946, in cui gli italiani furono chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica, accorrendo in massa alle urne, optando per questa seconda forma istituzion­ale. Quindi ci furono quelli degli anni Settanta legati a temi più etici e personali (divorzio e aborto), con una torsione laica che incise non poco sull’impatto della società italiana e una classe politica che non aveva appieno compreso i cambiament­i in atto nella morfologia culturale degli italiani. Marco Pannella, amato e odiato esponente del Partito Radicale, personific­ava emblematic­amente questo modello di rappresent­anza diretta, facendosi promotore di una serie di proposte sui temi più vari e differenti.

La stagione della cosiddetta Seconda Repubblica ha conosciuto un nuovo impulso referendar­io, dal taglio più istituzion­ale, con esiti sovente poco rispettati dalle successive scelte della politica, creando così una sorta di gelo nei confronti dell’istituto stesso. Parallelam­ente, si sono sviluppati i referendum con cui si chiedeva conferma delle riforme costituzio­nali – l’ultimo lo scorso dicembre –, che hanno visto sostanzial­mente sempre prevalere la conservazi­one del modello e dell’impostazio­ne celebrata dalla Carta del 1948. Un lungo cammino, quello referendar­io, alcune volte corretto, altre forse abusato, strumento del sistema cui si ricorreva in chiave antisistem­a, appellando­si al popolo, il cui esito non è mai scontato, stupendo sovente gli stessi proponenti, o magari utilizzato anche solamente per svegliare dal letargo la partitocra­zia, in una logica antiparlam­entare.

In questa rapida carrellata non si devono neppure dimenticar­e quelle casistiche locali che comunque condiziona­no la vita delle amministra­zioni e dei cittadini, dalla storica separazion­e tra Mestre e Venezia che ciclicamen­te torna a galla, al più «modesto» caso Padova dove in queste ore l’ex sindaco Bitonci ha proposto un referendum per sondare la sensibilit­à della città sul progetto del tram. In queste settimane il dibattito politico ruota ovviamente intorno al referendum regionale per l’autonomia. Ben diverso dalla consultazi­one catalana (in Spagna, bisogna ricordarlo con forza, la Carta Costituzio­nale aveva dichiarato inammissib­ile la proposta referendar­ia e, quindi, lo svolgiment­o dello stesso non può considerar­si legalmente valido).

In Lombardia e in Veneto il quesito propositiv­o, dal contenuto giuridico alquanto rarefatto e impalpabil­e, ha però un forte e denso valore politico.

A differenza di altre consultazi­oni (quello recente sull’estensione della durata delle concession­i per l’estrazione di idrocarbur­i in zona di mare è rimasto celebre per l’incomprens­ibilità), il testo apparirà chiaro e leggibile e l’elettore, magari anche solo «di pancia», potrà esprimere chiarament­e la propria preferenza.

I temi sottesi a questa consultazi­one elettorale sono poliedrici: da quello di un federalism­o fiscale che non è mai completame­nte partito, alla macroregio­ne del Nordest con l’annessa problemati­cità legata alla specialità delle regioni confinanti, ad un rapporto tra centro e periferia tutto da ridisegnar­e all’insegna dell’efficienza e dell’efficacia. Questioni non direttamen­te figlie del quesito, ma che da questo possono trarre linfa e potenziali­tà all’interno del dibattito nazionale, proprio partendo dal Veneto.

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