Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Brugnaro, sfuriate a processo «Offende» «No, dialettica»
Portato in tribunale da un consigliere dem. «Offende». «No, è dialettica politica»
Aprocesso per gli insulti ad Andrea Ferrazzi, consigliere comunale del Pd. E anche Davide Scano, del M5S, ora annuncia che penserà a una causa civile, perché anche lui è finito più volte nel mirino. Gli insulti e le sfuriate del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ora diventano materia delle aule giudiziarie. «Sono parole offensive violente e ripetute», dicono i suoi avversari. «C’è la scriminante della dialettica politica», è la replica dei suoi avvocati.
VENEZIA Il capogruppo in consiglio comunale del Pd Andrea Ferrazzi? «Disastro de omo, porta sfiga. Sei insignificante, non conti niente, lasciaci lavorare», gli aveva detto in quel 21 dicembre in consiglio comunale. «Va fora, cori, va via! Dentro chel serveo c’è il nulla», erano stati invece gli insulti del mattino in consiglio metropolitano, quando era scoppiata la lite. Poi aveva attaccato anche l’altra consigliera Pd Monica Sambo («ti xe ‘na crose»), il cinque stelle Davide Scano («Non sei capace di leggere un bilancio, di aziende non ne capisci niente») e anche il segretario della Cgil-Fp Daniele Giordano («inadeguato per il ruolo»). Le intemperanze verbali del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro sono ormai diventate un’abitudine per chi frequenta i palazzi della politica veneziana: sia nelle riunioni interne, quando si dice che non le risparmi nemmeno ai «suoi», dai consiglieri allo staff; e anche nelle occasioni pubbliche, come quando, in un’altra occasione, disse a Scano che gli sembrava impossibile che si fosse laureato in Giurisprudenza, oppure quando apostrofò uno studente con un minaccioso «vieni fuori che ne parliamo», e così via. «Non è giusto prendersi le offese gratuitamente - dice Scano - soprattutto perché avevano intaccato la mia immagine professionale di avvocato». I fucsia però lo hanno sempre difeso, lui e il suo linguaggio «ruspante», spiegando che in fondo «è fatto così» e che comunque ciò che conta sono i risultati.
Ora però quegli insulti finiranno di fronte a un giudice. Brugnaro infatti sarà processato proprio per quello che aveva detto il 21 dicembre 2016 a Ferrazzi, con l’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale. Così ha deciso il gip Marta Paccagnella, che ha rigettato qualche tempo fa la richiesta di ar- chiviazione presentata dal pm Alessia Tavarnesi e le ha imposto un’imputazione coatta. La procura ora citerà a giudizio Brugnaro, che rischia una condanna, anche se non ci sarebbe nessun effetto sulla sua carica ai sensi della legge Severino. Ma il sindaco è pronto a difendersi nel merito. «Quel reato è un retaggio del sistema fascista - afferma il suo difensore, l’avvocato Alessandro Rampinelli - La Cassazione ha spiegato bene che l’oltraggio c’è solo nel caso in cui venga danneggiato non solo il patrimonio morale del pubblico ufficiale, ma dell’intera istituzione. In questo caso non mi pare che sia andata così e poi c’è la scriminante della dialettica politica». Era la stessa tesi del pm Tavarnesi, che però il gip Paccagnella ha rigettato, accogliendo invece quelle della parte offesa, rappresentata dall’avvocato Elio Zaffalon. Ora toccherà al tribunale fissare l’udienza di fronte al giudice monocratico e in quella sede è probabile che Ferrazzi si costituisca parte civile.
In realtà il capogruppo del Pd era anche partito con una richiesta danni e aveva fatto domanda di conciliazione alla Camera arbitrale («che non era obbligatoria», precisa). Nell’atto di citazione firmato dall’avvocato Alfiero Farinea erano stati quantificati danni per circa 250 mila euro. «Di fronte al mediatore ho però proposto di devolvere una cifra simbolica ad una associazione benefica per l’aiuto ai poveri, ovviamente oltre alle spese legali e una lettera di scuse - afferma Ferrazzi - Proposta che invece è stata rigettata dalla controparte». «Quello che è accaduto in quella sede dovrebbe essere coperto da segreto - replica il civilista di Brugnaro, l’avvocato Paolo Maria Chersevani - In ogni caso le cifre non erano così simboliche e comunque è stata un’azione strumentale». Resta il fatto che se il sindaco di Venezia avesse chiuso la partita civilistica, si sarebbe estinto anche il reato e invece ora dovrà affrontare il processo.
Può una lite verbale politica finire di fronte a un giudice? «Nella mia vita politica mai aveva sporto querela - dice Ferrazzi - ma in questo caso ho dovuto farlo per la violenza, la gravità e la continuità delle offese subite, che hanno arrecato grave danno anche al Consiglio stesso e ai cittadini». Secondo la difesa di Brugnaro la lite era nata perché Ferrazzi l’aveva «ripreso» per il ritardo, mentre lui era in trattativa con i sindacati. «Era nervoso perché avevamo proposto un piano strategico che loro non avevano ancora realizzato e poi l’avevo ripreso perché non dava la parola a un consigliere di opposizione», è la replica. «All’epoca non feci la querela spiega Scano - Ora però alla luce di questa vicenda valuterò una richiesta di danni«. «Brugnaro sbaglia, il sindaco dovrebbe essere d’esempio per i cittadini - dice invece il Giordano - Ma è un problema politico, non giudiziario».
L’accusa Il sindaco sarà processato per offese a pubblico ufficiale