Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Artigiani in assemblea Bonomo: l’economia va per chi ha investito Ma ora serve autonomia
VICENZA Referendum consultivo «da votare». Ripresa che c’è «per chi non è rimasto fermo». E richieste di risposte, al governo, per le migliaia di artigiani veneti che a causa di crediti deteriorati nelle ex popolari Bpvi e Veneto Banca non riescono più ad ottenere fidi. Sono i temi che toccherà Agostino Bonomo, presidente regionale e vicentino di Confartigianato domani in fiera a Vicenza all’assemblea annuale. Quest’anno l’appuntamento, dalle 18, è incentrato sulla consultazione imminente, con un faccia a faccia con il governatore Luca Zaia.
Presidente Bonomo, perché voi suggerite di votare «sì»?
«Perché vogliamo servizi più efficienti ed efficaci, vicini al cittadino. Delle 23 competenze delegabili previste, ce ne interessano in particolare alcune: in primis l’istruzione tecnico professionale, per le peculiarità che ha l’economia veneta, poi la possibilità di legiferare in modo regionale sull’artigianato. Il 40% dell’export veneto lo fanno gli artigiani, serve un vestito “su misura” che vada oltre i limiti dimensionali basati sul numero di dipendenti».
Cosa vi aspettate succeda dopo il voto?
«Oltre a quanto già detto, vorremmo per il Veneto la competenza sui contratti di lavoro e sulla regolamentazione della giustizia di pace. Non ci aspettiamo immediati cambiamenti subito dopo il voto, in realtà: l’iter difficilmente finirà in questa legislatura perché fra poco inizierà la campagna elettorale. Però, speriamo che con la forza del voto si possa arrivare a concludere la legislatura con qualche competenza in più. In seguito la Regione dovrà continuare il confronto».
Cosa pensa di chi intende astenersi?
«È una posizione antidemocratica. Il suffragio universale è una conquista sociale che ha richiesto rivoluzioni e morti. Piuttosto, si dica “no”: votare è un dovere».
Parliamo dell’economia vicentina, la ripresa c’è?
«C’è. Ma è di “trasformazione”. Chi è sul mercato e va bene è chi ha investito in tecnologia o valore umano, chi esporta e in generale non è rimasto fermo. Vanno bene la meccanica, l’agroalimentare, l’abbigliamento, pure gli orafi e la concia, oltre a chi ha investito in design nella ceramica. Non si vede ancora la luce in fondo al tunnel per il settore Casa. Anche se le compravendite di abitazioni sono ripartite, resta un’enorme mole di invenduto».
È soddisfatto delle garanzie di Intesa, acquirente delle ex popolari, per le aziende?
«Il problema non è Intesa. Sta lavorando bene e dà conferme sulle partite “in bonis” passate all’istituto».
Quindi, qual è il problema?
«Il punto vero sono le migliaia e migliaia di aziende che avevano crediti deteriorati in Bpvi e Veneto Banca – fidi, mutui a medio e lungo termine, rate non pagate – e con il decreto di giugno sono state trasferite direttamente in Sga, la Società per la gestione delle attività del ministero Economia e Finanze (Mef). Hanno il conto bloccato e non possono spostarlo altrove, in quanto sono state tutte segnalate in Banca d’Italia come insolventi. Noi ne seguiamo settemila. Ebbene, almeno un 20% di queste realtà potrebbero ripartire, eppure non possono fare nulla».
In che senso?
«Sono in una situazione kafkiana. Magari gli basterebbe un aumento di garanzia, un’iniezione di liquidità anche familiare, ma non possono farlo perché Sga non ha nessuno sportello: il Mef deve muoversi, dare loro una risposta».