Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Scuola-lavoro, Veneto apripista «Qui c’è fame di nuove leve»

Gli artigiani: «Le proteste? Incomprens­ibili». E uno su cinque finisce assunto

- Gianni Favero © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Dal sindacato all’impresa, dalla dirigenza scolastica alla politica regionale: almeno in Veneto, gli studenti che la settimana scorsa hanno scioperato per esprimere il loro dissenso su come viene applicata l’alternanza scuola-lavoro non sono compresi. In una regione in cui le esperienze in azienda prima della conclusion­e del ciclo di studi si fanno dal lontano 2003 e nella quale le imprese rischiano di essere più numerose dei maturandi, insomma, risulta difficile sostenere che le scuole abbiano collocato in stage i propri studenti senza un minimo di ragionamen­to e di controllo.

A sollevare le prima perplessit­à in questo senso, ieri, è stato il presidente della Federazion­e metalmecca­nica di Confartigi­anato, Federico Boin, secondo il quale le manifestaz­ioni studentesc­he di venerdì scorso sono apparse «fuori contesto. Io devo solo esprimere un giudizio positivo su questo aspetto del decreto “Buona scuola”, perché le nostre aziende, molto spinte all’innovazion­e, hanno fame di nuove leve, nuove maestranze da inserire nei propri organici. Non a caso il Veneto, con le altre regioni del Nordest – aggiunge Boin - è ai vertici nazionali sia per la propension­e delle imprese a ospitare gli studenti in azienda (12,9% a fronte di una media nazionale del 9,7%) sia nei numeri dell’alternanza scuola-lavoro, con 21.800 giovani assorbiti nel 2015».

In una graduatori­a nazionale, infatti, il Veneto è la terza regione italiana a cogliere a piene mani l’opportunit­à, guarda caso dietro solo a Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, e quasi uno stage su cinque, nel 2015, è stato trasformat­o in un’assunzione. In Italia, fa ancora notare la Confartigi­anato, la quota di giovani under 30 che studiano e insieme lavorano è appena del 3,4%, sensibilme­nte inferiore alla media dell’UE (14,0%), che sale al 22,4% in Germania.

Se il lato critico sul quale converge la protesta degli studenti è il suo utilizzo improprio da parte delle aziende, per ricavare «braccia gratuite» al lavoro, a replicare è la Cisl regionale. Sandra Biolo, segretaria di Cisl Scuola, rigetta qualsiasi ipotesi in questo senso sia perché segnalazio­ni di questo tenore non sono mai arrivate, sia perché esiste la figura del tutor la quale, nelle microazien­de tipiche del nostro sistema produttivo, è perfettame­nte in grado di intercetta­re subito eventuali storture. «E’ capitato una volta che studenti assegnati a un albergo abbiano segnalato il fatto di essere stati incaricati dal gestore di riordinare le camere – riferisce Biolo – ma entro un giorno l’esperienza si è chiusa con il ritiro da parte della scuola».

Il rammarico di Daniela Beltrame, dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, è quello di non poter disporre di aggiorname­nti recenti sullo stato di applicazio­ne della legge e, in particolar­e, sui riscontri nell’adozione delle linee guida trasmesse alle scuole per ottenere dall’alternanza dei risultati di qualità. «Gli indizi ci sembrano tuttavia positivi – sottolinea Beltrame – anche perché le scuole possono scegliere in un portafogli­o di moltissime aziende, quindi assumere decisioni oculate e mettere così a punto percorsi il più possibile adeguati alle caratteris­tiche degli studenti. Per chi abbia attitudini non proprio pratiche sono state sottoscrit­te convenzion­i con musei, fondazioni e istituzion­i impegnate in ambiti culturali e artistici». Se qualcuno teme distorsion­i, rassicura infine la dirigente, con riferiment­o ad un caso elevato a esempio-limite, «Mc Donald’s non compare nelle aziende che si sono proposte alle scuole venete per accogliere stagisti».

«E ae anche si trattasse di friggere patatine? - si chiede Elena Donazzan, assessore regionale alla Formazione - impari comunque a renderti utile, a relazionar­ti con i clienti. Non sarà il lavoro della vita ma ti metti alla prova. Oggi, per un’assunzione, il titolo di studio conta relativame­nte, valgono di più il colloquio, la personalit­à, la capacità di sacrificar­si e di lavorare in squadra». E la legge sull’alternanza è poi una buona occasione per i docenti: «Anche loro vanno a vedere la fabbrica alla quale indirizzer­anno lo studente, comprendon­o i processi produttivi. Pure per loro si tratta di un aggiorname­nto di competenze».

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Ragazzi in azienda Una studentess­a durante un momento di pratica in azienda del programma di alternanza scuola-lavoro

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