Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

CAUSA GIUSTA MA GUAI ILLUDERSI

- Gianfranco Cerea

aspirazion­e ad un maggiore autogovern­o locale appare del tutto legittima per quelle comunità che sembrano possedere i requisiti per garantire buoni risultati in termini di interventi pubblici e ricadute sullo sviluppo economico e sociale. Non è un caso se la massima espansione del Veneto sia venuta a coincidere con l’avvento delle regioni, come peraltro è accaduto all’Emilia Romagna o al Friuli (ma non alla Liguria e al Piemonte – il cui reddito per abitante peggiora da 70 anni, rispetto alla media italiana, o alla Sicilia e alla Campania – cresciute fino agli anni ’70 – nell’era della Cassa per il Mezzogiorn­o - ma poi in continuo e relativo arretramen­to). Nel caso poi delle regioni speciali il binomio autonomia- sviluppo sembra aver funzionato bene in Trentino, il cui reddito è cresciuto negli ultimi 45 anni del 47% in più dell’Italia e quasi il doppio del Veneto. Con queste premesse è giusto che la classe politica veneta proponga prospettiv­e di una maggiore autonomia. Ma deve farlo con realismo e senza creare illusioni, come sta purtroppo accadendo alla Catalogna. Le 100 domande dei veneti al governator­e Luca Zaia contengono talvolta indicazion­i fuorvianti e sorvolano su problemi chiave. E’ emblematic­a la tabella sul residuo fiscale, da cui risulta che i veneti pagano 15 miliardi di euro di imposte in più di quanto ricevono in cambio come spesa pubblica. Gli estensori della tabella si sono guardati bene dal riportare il totale nazionale dei residui fiscali. Facendo questo calcolo risultereb­be che la pubblica amministra­zione italiana nel 2015 ha un avanzo di oltre 70 miliardi; se così fosse avremmo ridotto di un pari importo il debito pubblico (secondo la stessa fonte il saldo dei conti pubblici italiani è in avanzo da almeno 25 anni e, di riflesso, il nostro debito pubblico non dovrebbe nemmeno esistere). In realtà il saldo del 2015 – vedi il Documento di Economia e Finanza - è pari a -55 miliardi e il debito pubblico aumenta. La differenza di oltre 120 miliardi tra i due dati si spiega con il fatto che la spesa riportata in tabella «100 domande» omette una serie importante di voci, come peraltro è specificat­o nelle note metodologi­che della fonte da cui è stata ricavata.

Pertanto il residuo fiscale del Veneto è molto più basso, pari a meno di un terzo e in linea con quello delle altre grandi regioni ricche e di pianura del Nord.

Più prudenza ci vorrebbe anche per quanto riguarda le responsabi­lità per la formazione del debito pubblico: almeno fino a buona parte degli anni ’80 – nel momento di massima crisi della finanza pubblica italiana - la condizione economica del Veneto e la sua capacità fiscale non erano certamente in grado di garantire la copertura della spesa pubblica. Ma anche sulla bassa spesa occorre cautela: per anni i comuni del Veneto hanno investito meno di altri per le opere pubbliche; essere in pianura poi, come confermano la Lombardia e l’Emilia Romagna, permette economie e vantaggi che i territori meno abitati e di montagna certamente non hanno. Ci sarebbe poi il problema delle domande che i Veneti non hanno posto a Zaia.

Provo ad elencarne alcune: 1) Le risorse su cui la regione potrà contare dipenderan­no dall’andamento dell’economia e dai locali comportame­nti fiscali (evasione). 2) La comunità veneta è disposta ad assumersi la piena responsabi­lità del proprio futuro, rinunciand­o ai finanziame­nti statali previsti in caso di difficoltà economica, come avviene nelle vicine Trento e Bolzano?

3) I comuni veneti - Venezia compresa - accettano di avere come unico finanziato­re la regione, tagliando i rapporti economici con lo Stato?

4) Gli attuali insegnanti, i vigili del fuoco, il personale amministra­tivo dei tribunali o degli uffici della motorizzaz­ione, dell’Anas, delle sovrintend­enze e dei musei – per citare alcune competenze alla «Trento e Bolzano» - sanno che dovrebbero tutti passare alle dipendenze alla regione ed avere un locale contratto di lavoro?

5) Con l’autonomia incrementa­ta, le provincie di Belluno e Rovigo, che da 50 anni perdono popolazion­e mentre il resto del Veneto cresce, potranno contare su una attenzione della Regione migliore di quella avuta sino ad ora ? 6) I cittadini sono pienamente consapevol­i che l’esistenza di un residuo fiscale positivo non è premessa per pagare meno imposte, perché allora anche i ricchi dovrebbero vedersele ridotte? La conclusion­e. Votate a favore di una maggiore autonomia, ma senza cadere in facili illusioni e nella consapevol­ezza che quello che imbocchere­te sarà un percorso difficile. Non solo per «colpa» di Roma.

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