Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

E il Pd si spacca, Moretti: «Astenersi, segnale giusto»

La via emiliana spiazza il partito del «sì critico». E cresce il gruppo astensioni­sta

- Mo.Zi.

VENEZIA La stretta di mano tra Gentiloni e Bonaccini sull’autonomia ha aperto un interrogat­ivo nel Pd veneto: adesso come la mettiamo col «Sì critico» al referendum? In ordine sparso, ecco come. La firma a Palazzo Chigi ha allargato la faglia tra i dem del «Sì» come Simonetta Rubinato e Achille Variati da quelli del «neanche vado a votare», come Laura Puppato, Alessandro Naccarato, Graziano Azzalin, la segretaria provincial­e di Vicenza Veronica Cecconato.

L’aria che tira la spiega Alessandra Moretti, da sempre collegamen­to nel Pd tra Venezia e Roma. Finora si era astenuta dalle dichiarazi­oni di voto perché indecisa. Da ieri lo è meno. «È evidente che la firma a Palazzo Chigi è un segnale forte nei confronti dell’immobilism­o di Zaia che per anni non ha mai avviato la trattativa e a pochi mesi dalle politiche fa un referendum che vuole trasformar­e in plebiscito, una pagliaccia­ta con i soldi dei veneti - premette- Noi potevamo risparmiar­e 14 milioni di euro e fare quello che ha fatto Bonaccini. L’autonomia è sacrosanta, il Veneto ne ha diritto e se vado a votare, voterò sì ma alla luce di questo risultato non so se andrò: sono scettica e l’astensione sarebbe il messaggio giusto da dare a Zaia». Propio ieri, Moretti, il capogruppo in Regione Stefano Fracasso e altri consiglier­i hanno illustrato la via dem all’autonomia: inutile chiedere 22 competenze, meglio poche ma buone come istruzione, tutela della salute, ambiente, governo del territorio, politiche del lavoro, innovazion­e, ricerca scientific­a, giustizia di pace.

Il fronte del Sì non si scompone davanti al sorpasso dell’Emilia. «Che trattativa potesse essere già avviata, l’abbiamo detto in tutte salse - ricorda il sindaco di Vicenza Achille Variati - Ma in Veneto un consesso democratic­o come il consiglio Regionale ha deciso che prima andavano consultati i cittadini. E così si è fatto. E se non ci fosse stato referendum del Veneto, Bonaccini avrebbe firmato questa cosa con Gentiloni?». Risponde l’onorevole Simonetta Rubinato: «Senza referendum, non saremmo qui a parlare di regionalis­mo differenzi­ato - sorride - Può anche essere che sia un tentativo di influenzar­e il quorum, questa dichiarazi­one d’intenti. Che non è prevista da nessuna norma, è un passaggio comunicati­vo ma non fondamenta­le del percorso. Ma mi fa piacere che sia stato firmato, credo sia un primo effetto della sentenza della Corte Costituzio­nale che ha ammesso il referendum del Veneto. Per me è una gioia e spero di gioirne ancora di più il 23». Il punto è, spiega Fracasso, che fuori dal Veneto non si comprende appieno cosa significhi qui l’autonomia e il ruolo simbolico della consultazi­one. «Bisogna viverci, per comprender­e che è una forma mentis - dice - Il messaggio dell’intesa BonacciniG­entiloni è: le porte sono aperte. Ma a quattro giorni dal voto, i soldi per la consultazi­one sono comunque spesi».

«No, l’intento firmato da Bonaccini e Gentiloni è la prova provata che i referendum servono ad altro - ribatte Laura Puppato, astensioni­sta della prima ora - L’università a Bologna costa la metà che a Padova, hanno un Pil più alto e ci sorpassano anche sull’autonomia - elenca - Ma quando ci svegliamo? Il Veneto ha aumentato i ticket e tolto 40 milioni ai Comuni per disagio abitativo: ma che autonomia vuole? Ricordo che tra i cinque quesiti posti alla Consulta, il Veneto ne aveva posto uno sull’indipenden­za. Se non è una provocazio­ne, poco ci manca». In prima commission­e in Regione, fa sapere da Mdp Piero Ruzzante, sono ancora iscritti all’ordine del giorno i progetti di legge per il referendum sull’indipenden­za: «Altro che archiviati, come dice Zaia».

Moretti Potevamo risparmiar­e 14 milioni: forse è giusto astenersi  Variati Senza referendum Bonaccini avrebbe firmato con Gentiloni?

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