Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Gorgo, dopo dieci anni lo Stato risarcisce il figlio delle vittime
A Daniele Pellicciardi riconosciuti i 110mila euro che Stafa aveva ricevuto per ingiusta detenzione
Dieci anni fa una banda di albanesi massacrò i suoi genitori a Gorgo, nel Trevigiano. Ora il figlio, Daniele Pelliciardi, è stato risarcito dallo Stato: 111mila euro. I soldi erano stati accantonati per risarcire a sua volta uno dei banditi, Naim Stafa, che per un’altra vicenda aveva vinto una causa per ingiusta detenzione.
Da una parte lo Stato che nega l’indennizzo a un figlio al quale sono stati uccisi i genitori, perché non sono vittime di mafia o terrorismo. E dall’altra lo stesso Stato che assegna a chi li ha uccisi, un risarcimento di 110 mila euro per ingiusta detenzione. Nel mezzo, il dramma di Gorgo al Monticano e il dolore di Daniele Pelliciardi, che, a dieci anni dalla morte del papà Guido e della mamma Lucia, avrebbe potuto vestirsi anche di beffa. Invece ieri Daniele ha vinto la causa contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e un giudice ha stabilito che quei 110 mila euro spettano a lui.
«Sono contento, non per i soldi che non mi potranno mai risarcire per tutto quello che ho perso e per il dolore – spiega il figlio della coppia ma perché non avrei potuto sopportare che andassero all’assassino o che se ne appropriasse lo Stato. Ma è presto per esultare, vediamo ora cosa farà il Ministero».
Una sentenza arrivata dopo una complicata vicenda processuale e pochi mesi dopo il decimo anniversario del brutale assassino dei suoi genitori Guido Pelliciardi e Lucia Comin, custodi della villa torturati con ferocia e uccisi da una banda che, secondo la verità processuale sigillata con una condanna definitiva all’ergastolo, era stata organizzata dall’albanese Naim Stafa. Lui aveva orchestrato il colpo, dopo che il 19enne romeno Bogdaneanu, il basista, gli aveva proposto l’obiettivo: la villa di Gorgo al Monticano, dei titolari della Inipress nella quale lavorava. La notte tra il 20 e il 21 agosto 2007 era scattato il piano. Nella dependance erano entrati in due, l’albanese Artur Lleshi (morto suicida in carcere pochi mesi dopo) e un quarto uomo, rimasto sconosciuto. Stafa per quel duplice delitto è stato condannato all’ergastolo, 18 anni invece al complice Bogdaneanu. Con quella sentenza, i giudici avevano stabilito anche un risarcimento di 800 mila euro per il figlio, che né l’albanese né il giovane romeno sono stati in grado di pagare, in quanto nullatenenti. Ma la situazione si era fatta ancora più surreale perché Stafa, finito a processo a Napoli con l’alias Ismail Jakupi per fatti precedenti l’omicidio dei coniugi Pelliciardi, era stato giudicato innocente e aveva vinto una causa per ingiusta detenzione. I giudici partenopei avevano così deciso che, per quei giorni passati in cella da innocente, doveva essere risarcito con 111mila euro, a carico del ministero delle Finanze.
«Così mi ero ritrovato con lo Stato che mi diceva che non avevo diritto ad accedere al fondo per le vittime di morte violenta, ma allo stesso tempo risarciva lui – commenta amaramente Daniele -. Un paradosso insopportabile». Nel 2015, infatti, l’uomo si era visto respingere dal tribunale di Venezia, la richiesta d’indennizzo presentata per il massacro dei genitori. Secondo i giudici, infatti, Daniele non aveva diritto ad accedere al fondo per le vittime di reati violenti perché in Italia è previsto solo per delitti di mafia o terrorismo. A quel punto i suoi avvocati, Alessandro Romoli e Giancarlo Bonanni, hanno deciso di fare il possibile perché quella somma, fin dalla prima sentenza di condanna, fosse assegnata a lui. «È stata la mossa giusta chiedere che quel denaro fosse dato a me. Ma non è stato facile». A complicare tutto, infatti, un problema di mera forma: il Ministero non riconosceva l’alias di Stafa. «Questo – spiega l’avvocato Romoli – ci ha portato a intentare una causa contro il Ministero che è stata vinta da Pelliciardi, il quale ora potrà secondo i tempi del Ministero vedersi riconosciuti i soldi previsti inizialmente come risarcimento per Stafa». Una sentenza che, in parte, spiega Pelliciardi: «Mi ripaga per il senso di giustizia. Ci sono voluti anni e spesso ha vinto lo sconforto rispetto a uno Stato che non c’era. Ma ce l’abbiamo fatta. La parola fine io però aspetto a metterla perché siamo in Italia, e tutto può succedere».