Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Pedemontana, la grande opera alla prova del bond
Affare da 1,2 miliardi, il nodo delle garanzie
VENEZIA Pedemontana, mancano soltanto tre mesi alla deadline (il 29 gennaio) fissata dalla Regione per il closing finanziario dell’opera, che ancora non c’è. Per quella data, Sis dovrà aver chiuso la complessa operazione che ruota attorno all’emissione un maxi bond da 1,2 miliardi di euro di cui ad oggi quasi nulla è dato sapere. E se i costruttori (la famiglia piemontese Dogliani) non ce la dovessero fare, Palazzo Balbi puntualizza: «Come previsto dalla nuova convenzione si scioglierebbe il contratto, senza alcun onere a carico del pubblico». Nel frattempo il prospetto del bond è stato depositato in Borsa. Il nodo delle garanzie.
VENEZIA Sono passati cinque mesi (era il 30 maggio) dalla firma della nuova convenzione tra la Regione e il Consorzio Sis, il concessionario che nel 2006 (undici anni fa!) si è aggiudicato la costruzione della Pedemontana, la più grande opera cantierata in Veneto - e probabilmente in Italia - con i suoi 2,2 miliardi di euro, ma soprattutto ne mancano soltanto tre alla
deadline (il 29 gennaio) fissata dalla stessa Regione per il closing finanziario del progetto, che ancora non c’è. Per quella data, Sis dovrà aver chiuso la complessa operazione che ruota attorno all’emissione di un maxi bond da 1,2 miliardi di euro di cui ad oggi quasi nulla è dato sapere. E se i costruttori (la famiglia piemontese Dogliani) non ce la dovessero fare? Se lo chiedono in molti, ricordando che Cav ci mise tre anni a chiudere il suo bond, Brescia-Padova ne ha impiegati due e la stessa Sis aveva annunciato il closing prima per l’estate, poi per settembre e quindi per la fine di ottobre.
Palazzo Balbi non si scompone («Come previsto dalla nuova convenzione si scioglierebbe il contratto, senza alcun onere a carico del pubblico») ma in realtà sarebbe il disastro perché si dovrebbe ricominciare tutto daccapo con un nuovo affidamento (a chi?), mentre i cantieri che già oggi procedono a ritmo rallentato, tanto che la data di apertura della superstrada è già stata rinviata tre volte - si bloccherebbero definitivamente. Quel che si sa, è che la Regione (e cioè i contribuenti veneti) la sua parte la sta facendo fino in fondo: il vice presidente Gianluca Forcolin, presentando una settimana fa il bilancio di previsione 2018, ha annunciato che l’anno venturo l’ente pagherà la prima rata da 7,5 milioni del mutuo da 300 milioni che si è reso necessario accendere per dare a Sis un nuovo contributo pubblico una tantum, dopo i 614 milioni già sborsati dallo Stato (il mutuo è stato diviso in due tranche, 140 milioni nel 2018 e 160 milioni nel 2019, e questo ha consentito al governatore Luca Zaia di evitare la reintroduzione dell’addizionale Irpef, prima annunciata «in via precauzionale»).
Ma il privato a che punto è? In Regione dicono di non saperne nulla. «Ho detto alla struttura tecnica di parlarmi della Pedemontana solo quando avranno buone notizie» liquida l’argomento l’assessore alle Infrastrutture Elisa De Berti. La struttura, dal canto suo, rinvia ogni valutazione al 29 gennaio, perché «prima di allora qualunque commento sarebbe prematuro e fuorviante». Sembra, insomma, che dal 30 maggio il dossier Pedemontana che tanto ha agitato i sonni dell’amministrazione sia stato riposto in un cassetto senza più patemi d’animo, nonostante la Corte dei conti lo tenga invece ancora in cima ai suoi pensieri.
Da parte di Sis le informazioni sono altrettanto stringate e comunque tutte tese a garantire che non ci saranno problemi: entro fine gennaio l’operazione sarà chiusa positivamente. Il consiglio di amministrazione ha deliberato l’emissione del bond, che dovrebbe essere lanciato da Jp Morgan a breve, «nell’arco di qualche settimana», dopo la comunicazione al mercato del 19 luglio (con un comunicato su Bloomberg) e il roadshow tra Parigi, Milano, Londra e Madrid. A tal proposito sarebbe già stato predisposto il sistema telematico per lo scambio, rivolto a fondi e investitori istituzionali (Jp Morgan si è impegnata a sottoscrivere l’eventuale inoptato). Il prospetto, indispensabile per informare i potenziali sottoscrittori dei rischi che corrono? È stato depositato in Borsa e già aggiornato quattro volte (l’ultima la scorsa settimana) per adeguarlo alle mutate condizioni dell’investimento, assicurano da Sis. Ma non è pubblico: «È disponibile nella data room aperta ai soli investitori» fanno sapere dalla Regione. Peccato, perché leggerlo aiuterebbe a chiarire alcuni dubbi. Due, in particolare, sono gli aspetti su cui dovrebbe concentrarsi il prospetto, per legge. Il primo è la ricognizione dei rischi pendenti, siano essi tecnici (come i cedimenti della volta della galleria di Castelgomberto-Malo) che giudiziari (come il sequestro dei cantieri dove si sono verificati i crolli ma soprattutto il ricorso depositato al Tar da Salini
Impregilo, capofila della cordata sconfitta da Sis, che ha impugnato la nuova convenzione sostenendo che il contratto sarebbe stato radicalmente riscritto, con la previsione del contributo extra da 300 milioni e l’attribuzione alla Regione dell’incasso dei pedaggi, con riconoscimento a Sis di un «canone di disponibilità» fino al 2059; la sentenza dei giudici amministrativi è attesa a giorni).
Il secondo aspetto rilevante contenuto nel prospetto è l’indicazione del debitore finale chiamato a rispondere dell’obbligazione (1,2 miliardi mezzanine capital e 350 milioni senior capital; in caso di liquidazione o rimborso, il
mezzanine è subordinato al capital). Chi è? Di sicuro non la Regione, ipotesi circolata ma categoricamente smentita dall’ente e da Sis (in effetti se così fosse la circostanza dovrebbe risultare dal bilancio predisposto da Forcolin, fermo restando che il pubblico non potrebbe garantire l’obbligazione di cui beneficia un privato); si può ritenere allora che il debitore finale sia Spv Spa, la società di progetto costituita da Sis, e in quota infinitesimale dagli spagnoli di Itínere Infraestructuras, per costruire la Pedemontana, che ha un capitale sociale di 200 milioni, di cui 100 versati (Sis ha invece un capitale di 15 milioni). Una volta reso pubblico, il prospetto aiuterà a chiarire e nell’occasione sarà interessante scoprire anche quale sia il tasso offerto dall’obbligazione, se non altro per capire se il project, alla fine, sia davvero convenuto alla Regione.
Nell’attesa di vedere se tutto filerà liscio di qui al 29 gennaio c’è chi prova a prefigurare cosa potrebbe accadere se il closing non dovesse arrivare nei termini e la Regione si vedesse costretta a rescindere il contratto con Sis. Le ipotesi abbozzate dai tecnici sono essenzialmente tre: una nuova gara; il riaffidamento a Salini Impregilo; l’affidamento in house a Cav. Ma si tratta di ipotesi di scuola, un esercizio intellettuale e nulla più, visto che Regione e Sis assicurano all’unisono: non ci saranno problemi. E allora sì che i cantieri potranno riprendere a girare a pieno ritmo, i 50 milioni al mese promessi dai costruttori contro gli attuali 30 milioni. Sperando che non si debba ritoccare un’altra volta la data cerchiata di rosso in agenda per il taglio del nastro: settembre 2020.