Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Primarie del centrosinistra, gli stranieri esclusi dal voto spaccano il Partito Democratico
VICENZA Se fosse una casa, sarebbe un’abitazione percorsa da delle crepe profonde. Non tanto da minarne le fondamenta, ma di certo impossibili da ignorare. Ecco, la metafora architettonica rende l’idea della situazione in cui vive il Partito democratico, in città, all’indomani delle candidature per le primarie diventate ormai «ufficiali».
Ieri sono state verificate - e accettate - le 700 firme che consentono a ciascuno dei tre contendenti per il ruolo di candidato sindaco di centrosinistra (Giacomo Possamai, Otello Dalla Rosa e Jacopo Bulgarini d’Elci) di giocarsi le proprie carte in vista del voto del 3 dicembre prossimo.
Ma è proprio su quel voto, e sulle regole che sono state stabilite, che il partito si spacca. Non grandi lacerazioni alla luce del sole ma piccole fratture che compaiono come «posizioni personali», «opinioni», pareri e che però hanno un comune denominatore: l’esclusione dei cittadini stranieri dal voto alle prossime primarie di coalizione. Un nodo che è arrivato al pettine solo martedì sera, preceduto da un regolamento delle primarie scritto per qualcuno in modo «ambiguo» e dopo una selva di polemiche e critiche proprio sulla prospettiva di non voler consentire agli stranieri di esprimere le proprie preferenze sul futuro candidato centrosinistra. Pure il comitato di garanzia provinciale del Pd si è pronunciato in questo senso. Martedì la decisione finale è stata ratificata dal comitato di garanti (per le primarie) presieduto da Tommaso Ruggeri, che ha adottato la ratio del «vota solo chi potrà farlo anche in occasione delle elezioni amministrative». E però proprio su quella decisione molti in casa Pd sono stati rimasti delusi. Due giorni fa, in concomitanza con i lavori del comitato dei garanti, è andata in scena una riunione del direttivo cittadino del Pd di Vicenza, durante il quale si è parlato anche del nodo-stranieri. E qui il gruppo si è di fatto spaccato in due: da una parte chi prende atto della decisione dei garanti (pur considerando la storia delle primarie sempre «aperte» del Pd), dall’altra chi invece dalle stesse premesse arriva a una sintesi diversa, lamenta delusione e sperava in un compromesso per salvare capra e cavoli. Un’idea poteva essere ad esempio la votazione «in separata sede» da parte degli stranieri. Niente da fare, pare, perché la strada ormai è tracciata. Ma da lì nasce la spaccatura che segna un inizio quanto mai difficile di una campagna elettorale - tutta interna al centrosinistra - lunga un mese ma già carica di tensioni.