Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Scaricabar­ile sulle venete faccia a faccia Bankitalia-Consob

Azioni «gonfiate», sì al confronto all’americana

- Federico Nicoletti

VENEZIA Ex popolari, nuova mossa della commission­e parlamenta­re d’inchiesta dopo l’audizione di giovedì. Un confronto all’americana risolverà lo scontro sulla vigilanza tra Bankitalia e Consob, che emerso proprio dalle diverse versioni fornite in aula. Ci sarà infatti un’audizione-bis, giovedì prossimo, del capo della vigilanza di Via Nazionale, Carmelo Barbagallo, e del direttore dell’Authority sulle società, Angelo Apponi, ma stavolta sentiti insieme, l’uno contro l’altro, a risolvere la spaccatura emersa. Duro attacco di Renzi.

Ex popolari, un confronto all’americana risolverà lo scontro sulla vigilanza Bankitalia-Consob. Sarà una audizione-bis, giovedì prossimo, del capo della vigilanza di Via Nazionale, Carmelo Barbagallo, e del direttore dell’Authority sulle società, Angelo Apponi, sentiti insieme, l’uno contro l’altro, a risolvere la spaccatura sulla gestione dei controlli in Popolare di Vicenza e Veneto Banca, emersa l’altro giorno in commission­e bicamerale. Con la Consob a sostenere che Banca d’Italia non aveva trasmesso per tempo gli elementi sul prezzo delle azioni gonfiate emersi nelle ispezioni del 2001, 2008 e 2009, reso chiaro nell’ispezione Consob 2015, e Palazzo Koch che replica di aver sempre trasmesso tutto.

Fatale finisse con un’audizione-bis, calendariz­zata ieri dal presidente della commission­e, Ferdinando Casini per giovedì, dopo che martedì toccherà ai commissari liquidator­i delle due banche, guidati da Fabrizio Viola. «Perché se ha ragione Bankitalia, Consob ha dormito troppo a lungo e diventa indifendib­ile, mentre invece se vale la seconda versione, la mancata comunicazi­one di Via Nazionale è di una gravità enorme», dice il deputato di Scelta Civica, Enrico Zanetti, tra i membri della commission­e ad aver chiesto l’audizione. E si vedrà se saranno ascoltati anche gli ex presidenti e amministra­tori delegati, Gianni Zonin e Samuele Sorato, a Vicenza, Flavio Trinca e Vincenzo Consoli, a Montebellu­na, di fronte all’affermazio­ne di Barbagallo che via Nazionale non aveva mai spinto per la fusione Bpvi-Veneto Banca. Trattasi di persone indagate, è il dubbio che gira. «L’affermazio­ne di Barbagallo ci ha lasciati perplessi. Credo sia comunque rilevante ascoltarli, e non perché siano oracoli o vittime», aggiunge Zanetti. E l’ex magistrato Giovanni Schiavon, invita la procura di Roma a valutare se «nelle dichiarazi­oni di Barbagallo vi siano gli elementi per indagarlo di falsa testimonia­nza».

Certo se l’audizione doveva chiarire i fatti e il lavoro della vigilanza, la giornata dell’altro ieri ha seminato più dubbi che certezze. Almeno a giudicare dalle reazioni del giorno dopo. «Manager e banchieri che hanno sbagliato devono pagare. Ma se vogliamo che il Paese cambi, le alte burocrazie devono assumersi le proprie responsabi­lità - è tornato alla carica il segretario del Pd, Matteo Renzi -. Noi diciamo che troppe cose non hanno funzionato. E già nell’audizione di Bankitalia e Consob sulle popolari venete è emerso con chiarezza che il sistema di vigilanza non sempre è stato all’altezza». «La mancanza di dialogo tra Bankitalia e Consob è simile a quella tra carabinier­i e polizia nella vicenda di Igor - aggiunge, richiamand­o la vicenda del killer serbo che ha ucciso due volte a Ferrara e non preso, il vicepresid­ente della commission­e, il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta -. Le descrizion­i delle authority non sempre confortant­i hanno creato allarme in commission­e. Non è possibile che di fronte a deviazioni notevoli su mutui baciati, sopravalut­azione di capitale e profilazio­ne opportunis­tica dei clienti, vere e proprie truffe, nessuno si sia accorto di nulla. Non è possibile che nessuno paghi tranne i risparmiat­ori truffati. Vogliamo trovare i responsabi­li, negli amministra­tori delle banche in primis, ma anche tra chi doveva vigilare».

Il tutto entro un quadro in cui sono usciti elementi rilevanti, dalla relazione letta in commission­e da Barbagallo. Il capo della vigilanza ha definito la crisi bancaria in Veneto come qualcosa di unico, un caso «che mostra una densità che non ha pari in altre regioni d’Italia: dal 2013 ci sono state 13 situazioni di grave problemati­cità, di cui 5 sfociate in provvedime­nti di liquidazio­ne sui 16 su base nazionale». Così come Barbagallo fornisce una cifra inedita rispetto alla raccolta persa dalle banche venete nella crisi: 18 miliardi in totale dall’ultimo trimestre 2015, quando vengono liquidate Etruria e le altre tre banche, fino al decreto di liquidazio­ne di giugno 2017. In due tempi, in particolar­e: tra settembre e dicembre 2015, all’incrocio tra l’avvio dell’inchiesta di Vicenza, con il blitz della Finanza nella sede di Bpvi, e il fine anno con l’avvio del bail-in e la fine delle quattro banche, Bpvi perde 2,5 miliardi e Veneto Banca 4; 2,5 e 4 invece nel primo semestre 2017, di fronte all’incertezza sul piano di fusione e ricapitali­zzazione delle due banche, che sfocia nella liquidazio­ne.

E un ulteriore elemento rilevante emerge dall’audizione di Barbagallo: il capo della vigilanza ammette di fatto per la prima volta che l’ispezione 2012 si trova di fronte le azioni finanziate. «Ma gli elenchi di azionisti che risultavan­o anche finanziati dalla banca messi a disposizio­ne del team ispettivo, di cui ha parlato di recente la stampa, non possono essere considerat­i per sé evidenza di finanziame­nti ‘baciati’ o sintomo di irregolari­tà - sostiene il capo della vigilanza -: in una banca popolare è normale che un cliente sia insieme finanziato e socio; per essere identifica­te come tali, le ‘baciate’ devono rispettare una serie di caratteris­tiche ben precise». Su quali siano, però, nessuna specificaz­ione. Così come resta sempre da risolvere il perché, pochi mesi dopo, Veneto Banca viene invece ribaltata per 157 milioni di capitale finanziato, poi ridotto a 10 milioni.

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In parlamento Barbagallo, a sinistra, giovedì al fianco di Casini

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