Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Sparò al ladro, il pm chiede cinque anni «Voleva ucciderlo, va condannato»

Padova, il pm chiede la condanna del macellaio che nel 2013 ferì uno dei 4 rapinatori che gli entrarono in casa: «Voleva uccidere». Il legale: «Era sotto choc». Sit-in degli indipenden­tisti

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PADOVA Una condanna a cinque anni e due mesi per tentato omicidio. É questa la richiesta della procura nei confronti di Walter Onichini, il macellaio di Legnaro che nel luglio del 2013 sparò a un ladro albanese che era entrato in casa sua. Bandito che Onichini caricò in auto per poi lasciarlo ferito nei campi. «Ha sparato con l’intenzione di ucciderlo», ha sottolinea­to il pm nella requisitor­ia. Mentre in aula si celebrava il processo, fuori un gruppo di venetisti manifestav­a per l’imputato.

«C’era la volontà di causare la morte. Per questo dobbiamo parlare di tentato omicidio». Parole pesanti, quelle che ieri in aula il pubblico ministero Emma Ferrero ha rivolto ai giudici del tribunale collegiale, chiedendo la condanna a cinque anni e due mesi per Walter Onichini, il trentasett­enne macellaio di Legnaro che nel 2013 prima ha sparato a un ladro che stava cercando di rubargli l’auto, e poi l’ha caricato nel bagagliaio della macchina e l’ha lasciato sanguinant­e tra i campi della provincia di Padova, mentre la moglie a casa lavava con la candeggina il sangue.

Ieri mattina, mentre davanti all’ingresso del tribunale una cinquantin­a di manifestan­ti testimonia­vano la loro solidariet­à nei confronti dell’imputato, il pubblico ministero ha ricostruit­o la vicenda, partendo proprio da quella notte del 22 luglio di quattro anni fa, quando Onichini fu svegliato dal rumore provocato da quattro ladri entrati nel cortile di casa. Afferrato il fucile che custodiva in un armadio, si è affacciato alla finestra e ha sparato due colpi. Il primo si è conficcato nella sua Audi A4, il secondo ha preso alla schiena Elson Ndreca, ventiseien­ne ladro albanese. Poi, lasciati in casa moglie e figliolett­o di venti mesi, è sceso in cortile, ha caricato il ladro in auto, ha guidato per qualche minuto, ha lasciato Ndreca in un fosso lungo la strada ed è tornato di corsa a casa. Qui, seduto in terra, lo hanno trovato due carabinier­i, precipitat­isi a casa Onichini dopo aver sentito il rumore degli spari.

«Quella notte, quando si è accorto della presenza dei ladri, Onichini non ha pensato a controllar­e il figlio che dormiva nella stanza affianco - ha spiegato il pm -, ma si è precipitat­o di sotto. Durante le indagini preliminar­i, ha raccontato di aver sparato in aria e di aver caricato Ndreca nel bagagliaio dell’auto per portarlo in ospedale, anche se poi l’ha lasciato in mezzo ai campi perché il ladro l’ha minacciato». Peccato, ha aggiunto ancora l’accusa, che Onichini avesse un brevetto per il tiro al piat- tello e quindi fosse perfettame­nte in grado di colpire bersagli in movimento, che Ndreca non fosse nelle condizioni di minacciare nessuno perché ferito, e che l’ospedale più vicino, quello di Piove di Sacco, fosse da tutt’altra parte rispetto alla direzione imboccata da Onichini. «Non possiamo parlare di legittima difesa - ha concluso il pm -, perché né lui né i suoi familiari sono mai stati in pericolo di vita».

E se l’avvocato di Ndreca, costituito­si parte civile (nonostante per quel colpo sia già stato condananto in abbrevia-

to a tre anni e otto mesi e ora sia latitante), ha confermato la ricostruzi­one dei fatti del pm, limitandos­i a chiedere un risarcimen­to di 324mila euro per le ferite riportate, il difensore di Onichini, Ernesto De Toni, ha smontato punto per punto le tesi dell’accusa. «Il pm descrive l’imputato come un killer spietato - ha esordito l’avvocato -. Però non ha tenuto in consideraz­ioni le condizioni nelle quali si trova un uomo, che ha un figliolett­o in casa, svegliato dai ladri. Onichini era sotto choc».

Non solo, infatti, De Toni ha sottolinea­to che la visibilità era molto scarsa. Ha anche specificat­o come il vero timore di Onichini fosse per il figlio. «Non lo ha sentito piangere ha chiarito -, e così ha pensato che i ladri l’avessero preso. Non importa se fosse vero, ma solo che per lui era ragionevol­e crederlo». Non voleva uccidere, infatti non ha colpito gli altri due ladri che gli sono passati

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Le foto 1 e 2 risalgono al 23 luglio 2013, all’indomani cioè dell’assalto della banda alla casa di Onichini (sopra, con la maglietta bianca) 3 Onichini con l’avvocato De Toni 4 Il sit-in dei venetisti ieri all’esterno del tribunale di Pad 4
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