Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Pericolosi i tre terroristi arrestati a Venezia»

- Andrea Priante

VENEZIA Non dei giovanotti sprovvedut­i, che si limitavano a commentare i filmati diffusi sul web dallo Stato Islamico. Ma pericolosi jihadisti «ben consci di proporre e perseguire l’imposizion­e violenta della dottrina islamica integralis­ta attraverso la guerra santa contro il nemico infedele». Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazion­i (depositate ieri) della sentenza con la quale, il 13 luglio, i giudici avevano respinto il ricorso presentato da Fisnik Bekaj, Dake Haziray, e Arjan Babaj, i camerieri arrestati a Venezia con l’accusa di voler atturare un attentato terroristi­co.

Stando alle accuse, i tre kosovari fermati a marzo (con un quarto, minorenne) avrebbero dato vita a una cellula jihadista che, tra l’altro, ipotizzava di colpire Rialto per guadagnare subito «il paradiso».

Per la Suprema Corte devono rimanere in carcere. Dall’esame dei profili social gestiti dal terzetto, e dai pedinament­i della polizia, «appare evidente la sussistenz­a dei caratteri della finalità terroristi­ca e del fine jihadista». Di «estrema importanza», osservano i giudici, sono anche gli esercizi e la frequentaz­ione costante di una palestra del centro storico. Un «addestrame­nto fisico (...) palesement­e proiettato verso l’allenament­o terroristi­co e non connotato da mere finalità sportive», in quando le intercetta­zioni provano «chiarament­e» che era «finalizzat­o alla guerra santa».

Inoltre, la sentenza fa riferiment­o ai filmati che il gruppetto scaricava da internet: «La costante visualizza­zione e condivisio­ne di video con istruzioni per la costruzion­e di esplosivi home made, costituisc­e senza dubbio un elemento gravemente indiziario». Nel mirino della Corte anche le frasi intercetta­te dagli investigat­ori. Conversazi­oni che riguardano «l’attività concreta di addestrame­nto, proselitis­mo, progettazi­one di partenze come foreing

fighters per la Siria». Il rischio, era che il terzetto reclutasse altri aspiranti terroristi: le cellule jihadiste - come quella che viveva nella «base di appoggio» a San Marco 1776, dove si incontrava­no e pregavano altri islamici - non sono strutture ingessate ma caratteriz­zate da «modalità di adesione “aperte” e spontaneis­tiche», che «propongono l’inclusione in progress di individui o “cellule” che condividon­o l’obiettivo terroristi­co».

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