Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Grande Vicenza, le categorie «Più servizi per il turismo senza copiare altre realtà»
Primarie del centrosinistra: si discute del polo metropolitano Il tema appassiona il territorio, che suggerisce le sue ricette
Mentre la politica parla già di «tavoli istituzionali» o di «condivisione di servizi», per le categorie economiche la grande Vicenza è, prima di tutto, un’opportunità concreta.
E dunque un’occasione per chiedere alla città e al suo agglomerato urbano di fare un salto di qualità su alcuni aspetti: dal turismo e dai servizi ai visitatori all’attrattività culturale in senso ampio, dalla relazione «impresa-università-ricerca» alla «sburocratizzazione» e all’abbattimento di «costi inutili» per professionisti e aziende.
È su questi fronti che le categorie economiche vicentine vorrebbero tradurre l’idea della «Grande Vicenza» così come posta nell’ambito dell’intervento su queste pagine nei giorni scorsi a firma di Gigi Copiello.
Il dibattito si è aperto con l’intervento che ha raccolto, in prima battuta, le idee della politica, e in particolare quelle portate avanti dai candidati alle primarie di coalizione di centrosinistra del prossimo 3 dicembre.
Ora sullo stesso tema ad esprimersi sono le principali categorie economiche vicentine, che guardano con speranza al progetto di una macrocittà da oltre 200 mila abitanti disegnata in modo virtuale fra Vicenza e i Comuni dell’hinterland. Il punto è: una «Grande Vicenza» per migliorare cosa e in quali ambiti?
«Innanzitutto - dichiara il presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi - deve puntare sulle peculiarità del nostro territorio e non scimmiottare altre esperienze. Vicenza deve prima di tutto diventare maggiormente attrattiva. E parlo in senso generale, anche sull’immigrazione di personale qualificato, che nella nostra area è carente in materia di competenze tecniche».
Il ragionamento, per Vescovi, parte dal successo della «media-impresa vicentina»: «È una dimensione che sta crescendo bene e che in questa fase ha bisogno di manager. Ma i manager vogliono venire in un territorio dove ci sia cultura, attrattività, iniziative, e ammetto che sotto il profilo della valorizzazione del patrimonio artistico uno scatto in avanti è stato fatto in città».
Ma per Vescovi i filoni sui quali poter crescere con il progetto della «Grande Vicenza» sono due: «Maggiori servizi per il turismo - afferma - che rappresentano un punto debole per la città e l’hinterland, e uno sviluppo più forte della relazione fra impresa, università e ricerca, visto che finora il potenziale di questa correlazione non è ancora stato sfruttato appieno».
Il presidente di Confartigianato Veneto e Vicenza, Agostino Bonomo, punta dritto su aspetti concreti: «La Grande Vicenza è una sfida che noi poniamo da anni - dichiara - e che abbiamo dimostrato poter portare efficienza ed efficacia nei servizi. Con una maggiore massa critica infatti si potrebbe, anzitutto, evitare di avere 85 regolamenti edilizi diversi in 120 Comuni, il che significa norme diverse, difficoltà per il professionista, maggiori costi e minor efficienza. In poche parole la grande Vicenza potrebbe portare una sburocratizzazione di molte pratiche e una riduzione dei costi vivi, anche solo grazie all’unione di tutta una serie di servizi. Ma guardo anche oltre, e dico che un ragionamento sugli agglomerati urbani andrebbe fatto anche nell’area di Schio e di Bassano, dove già i rapporti con le amministrazioni limitrofe sono molto buoni. Ma bisogna che la politica sappia cogliere finalmente quest’opportunità e mettere da parte i campanilismi».
E anche da Confcommercio si guarda all’ipotesi di una nuova grande città da oltre 200 mila abitanti in chiave positiva, specie per il settore del turismo: «Questo settore - è la tesi del presidente di Ascom Vicenza, Sergio Rebecca - deve diventare centrale nel ruolo di traino che Vicenza deve giocare nei prossimi anni. Ma serve una visione di sistema che superi gli stretti confini comunali, in una rete di territori dove ogni specificità venga valorizzata. La Grande Vicenza, nei fatti, esiste già perché gli assetti urbanistici hanno reso sempre più labili i confini tra capoluogo e Comuni dell’hinterland: si tratta di prenderne atto e di aprire una nuova fase in cui le scelte delle singole amministrazioni siano governate da una visione sovracomunale».
Vescovi Serve più personale qualificato, soprattutto nel campo tecnico
Bonomo Evitare di avere 85 regolamenti edilizi in 120 Comuni
Rebecca Le scelte siano gestite da una regia sovracomunale