Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Autonomia, via al voto spunta il canone «veneto»

La maggioranz­a alza il tiro, pronti gli emendament­i. I dem: «Mantenuti a casa nostra»

- di Marco Bonet

Via al voto in consiglio regionale sulla proposta di legge per l’autonomia, la piattaform­a su cui iniziare la trattativa con il governo. Voto che potrebbe concluders­i già stasera. Diversi gli emendament­i presentati, fra cui un’ipotesi di canone Rai regionaliz­zato.

VENEZIA È iniziata ieri in consiglio regionale la maratona che potrebbe concluders­i già stasera, sicché sarebbe meglio parlare di uno sprint - per l’approvazio­ne dell’ormai famoso «Pdl 43», la proposta di legge statale che la Regione vorrebbe fosse la base di trattativa col governo sull’autonomia (vorrebbe perché il governo è scettico all’idea di devolvere alla Regione tutte le 23 competenze previste dalla Costituzio­ne e contrariss­imo all’ipotesi di finanziarl­e lasciando qui i 9/10 di Iva, Irpef e Ires).

La discussion­e, come già il confronto nelle commission­i e quello nella Consulta per l’autonomia, si sta risolvendo a onor del vero in una messa cantata, perché il governator­e Luca Zaia è stato chiaro, «non si retrocede né dalle 23 competenze né dai 9/10 delle tasse», e perché per evitare guai tenendo il passo di Lombardia ed Emilia Romagna la maggioranz­a sta tirando dritto come un treno, così che non si capisce dove vi siano davvero margini per discutere ed eventualme­nte accogliere le proposte di modifica (migliorame­nto?) del testo. Di sicuro dei 63 emendament­i depositati a Palazzo Ferro Fini saranno cassati tutti quelli firmati dall’opposizion­e (21 sono stati presentati dal solo Pd), con l’eccezione, forse, di qualche emendament­o pro autonomia di Belluno che può contare su un appoggio bipartisan. Sono invece destinate a sicura approvazio­ne le 13 proposte avanzate dalla giunta, che evidenteme­nte in corso d’opera ha ritenuto di procedere con in suoi tecnici a qualche aggiustame­nto, e quelle firmate dai consiglier­i di maggioranz­a, in particolar modo della Lega, nella persona di Alessandro Montagnoli. Tra queste, ve ne sono alcune di un certo interesse.

Ad esempio quella che vorrebbe dirottare nelle casse della Regione una parte del canone Rai, «determinat­a in relazione al numero delle utenze presenti in Veneto», per poi destinarla al «sistema dell’informazio­ne locale» e in campagne di comunicazi­one, diffusione e conoscenza delle «peculiarit­à delle diverse comunità locali del Veneto», in Italia e all’estero.

Un altro emendament­o attribuisc­e alla Regione il reclutamen­to dei vigli del fuoco, oggi di competenza del ministero dell’Interno; un altro ancora, mutuando il sistema vigente in Valle d’Aosta (e solo lì che si sappia), trasferisc­e in capo al presidente della Regione le funzioni che oggi sono attribuite ai prefetti in caso di eventi calamitosi, dalla direzione dei servizi di emergenza al coordiname­nto dei soccorsi; un altro dà alla Regione il potere di individuar­e ed approvare il perimetro della circoscriz­ione dell’Autorità portuale del Mare Adriatico Settentrio­nale. Ci sono poi due emendament­i che riguardano l’uscita da fondi nazionali e la creazione di fondi regionali. Nello specifico, nel primo caso il Veneto uscirebbe dal fondo nazionale per il trasporto pubblico locale assumendo su di sé l’onere di finanziame­nto del servizio su ferro e su gomma per il tramite dei 9/10 delle tasse; nel secondo istituireb­be due fondi, uno per i Comuni ed uno per le Province, alimentato dai finanziame­nti perequativ­i dello Stato integrati dai 9/10, riservando­si però il potere di distribuir­e poi i denari in questione «sulla base di autonome valutazion­i e con criteri e parametri anche diversi da quelli utilizzati dallo Stato». Un’ipotesi che secondo i consiglier­i idi minoranza potrebbe creare un «centralism­o regionale» foriero di clientelis­mi politici nei municipi, della serie: a questo do i soldi, a quest’altro no. Sempre in tema fiscale viene ribadita (ma era già prevista) la possibilit­à per la Regione di modificare le aliquote, prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni delle imposte locali e pure di quelle nazionali, se viene chiusa un’intesa con lo Stato. Intesa che, esattament­e come accade a Trento e Bolzano, si renderà necessaria ogni qualvolta lo Stato vorrà a sua volta legiferare in materie non di sua esclusiva competenza.

Detto degli aggiustame­nti tecnici, sul piano politico le posizioni, a ieri sera, erano esattament­e quelle registrate all’uscita dalle commission­i, con la maggioranz­a di centrodest­ra granitica nel sostenere il progetto di legge, i Cinque stelle e la variegata minoranza centrista scettica ma pronta a fare la sua parte, il Pd e Mdp decisi invece ad astenersi perché nient’affatto convinti della tenuta finanziari­a della proposta ed in particolar­e dei 9/10 delle tasse. Tanto che Piero Ruzzante di Mdp ha avuto gioco facile a gettare sale sulle ferite dem: «Noi vi avevamo avvisato, ve l’avevamo detto che il referendum sarebbe stato strumental­izzato da Zaia. E difatti avevamo ragione, subito dopo il voto già si parlava di statuto speciale, di 9/10 delle tasse, Trento e Bolzano. È una proposta che anziché unire, divide, allontanan­do anche chi, sbagliando, ci aveva creduto». E mentre il leghista Marino Finozzi, con un lungo excursus storico partito da Alberto Mario e Niccolò Tommaseo, ricordava la voglia carsica di autonomia che da sempre attraversa il Veneto, il capogruppo dem Stefano Fracasso faceva di conto: «Avete sempre detto che lasciamo a Roma 15 miliardi. Ora volete tenervene 18. Chi paga quei 3 miliardi in più? Le altre Regioni? Più che

paroni direi mantenuti a casa nostra. E poi che errore smarcarsi da Lombardia ed Emilia: a Roma contiamo 74 parlamenta­ri su 945, da soli non andiamo da nessuna parte».

Piero Ruzzante (Mdp) Amici del Pd, vi avevamo avvisato che il referendum sarebbe stato strumental­e e ora dovete darci ragione: Zaia rilancia di continuo, la sua proposta non unisce ma divide

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