Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Autonomia, sì alla legge veneta Oggi il testo a Roma, Zaia: trattiamo

Il Consiglio regionale approva il progetto di legge che sarà base per la trattativa 40 sì su 51, il Pd non vota. Zaia: «Mi aspetto controprop­oste». Muro sui rettori

- Bonet

VENEZIA Il Consiglio regionale ha licenziato ieri sera la legge sull’autonomia del Veneto. Ad approvarla la maggioranz­a a guida leghista, ma i voti a favore sono arrivati anche dal M5s. Il Pd invece non ha votato. Oggi il testo già a Roma. Zaia: trattiamo subito.

VENEZIA A meno di un mese dal referendum del 22 ottobre, con 40 voti a favore (su 51), 10 «non partecipan­ti al voto» (il Pd) e un assente, il consiglio regionale ha approvato nel tardo pomeriggio di ieri la proposta di legge statale 43, testo base della trattativa col governo sull’autonomia - o almeno così vorrebbe il presidente Luca Zaia, che dal consiglio ha ricevuto un mandato «ampio, pieno e forte» -.

«Domani (oggi, ndr.) spedirò la proposta, aggiornata alle ultime modifiche votate dall’aula, a Palazzo Chigi e al sottosegre­tario per gli Affari regionali Gianclaudi­o Bressa, con cui ho già parlato due volte - ha detto Zaia pochi minuti dopo l’approvazio­ne della legge, che sarà pubblicata sul Bur probabilme­nte già domani - e chiederò di intavolare subito la trattativa stilando un cronoprogr­amma per i lavori che, è bene ricordarlo, non saranno portati avanti dai politici ma dai tecnici. Penso che il fatto di ragionare partendo da una legge, e non da una risoluzion­e come invece hanno preferito fare Lombardia ed Emilia Romagna, ci aiuterà molto: la nostra proposta non si basa infatti su macroaree da definirsi, le materie sono già sgrezzate e indicate in modo puntuale». La speranza, ha spiegato Zaia, è quella di arrivare a siglare un’intesa con l’esecutivo Gentiloni entro la fine della legislatur­a, per poi affinare il lavoro sul piano tecnico e arrivare al voto in parlamento nel corso della prossima legislatur­a: «Il centrodest­ra, con Salvini e i vertici di Forza Italia, ha già messo l'autonomia in cima al suo programma - ha ricordato il presidente, che una volta di più ha voluto smentire le voci su una sua candidatur­a a premier - ma non ne faccio una questione politica, sono fiducioso che chiunque ci troveremo davanti non vorrà prolungare l’agonia del Veneto, perché di questo si tratta: per noi non ci sono altre vie d’uscita, a questo punto per sopravvive­re e riprendere a marciare dopo la crisi non restano che nuove tasse».

Ribadito che il Veneto non condurrà le trattative insieme a Lombardia ed Emilia («Non vogliamo esami di gruppo in stile ‘68, col 6 politico per tutti») e sottolinea­to l’antagonism­o con Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia («Basta col Nordest, il Nordest siamo noi, i nostri eroici imprendito­ri stritolati tra due Regioni speciali»), Zaia ha confermato che il Veneto chiederà di trattenere i 9/10 di Iva, Irpef e Ires - il motivo per cui il Pd, contrariam­ente a quanto fatto in Lombardia, qui ha deciso di non partecipar­e al voto - ma forse per la prima volta ha lasciato intendere di non volerne fare un totem intoccabil­e: «Detto che se facessi un referendum solo su questo rivincereb­bero i Sì alla grande, i 9/10 nascono dal fatto che non abbiamo dati finanziari certi su cui ragionare, accendiamo la luce in una stanza buia. Attendo però una controprop­osta da parte del governo, io non vado a Roma per rovesciare il banco».

Sul piano politico, due gli aspetti da segnalare. Il primo è l’allargamen­to della maggioranz­a ai centristi furono «tosiani» e «morettiani» (che dalla primavera scorsa garantisco­no sostanzial­mente l’appoggio esterno all’amministra­zione Zaia) ma soprattutt­o al Movimento Cinque Stelle, con l’eccezione dell’ortodossa Patrizia Bartelle che si è chiamata fuori, facendo infuriare - per l’ennesima volta - il capogruppo Jacopo Berti, che poco prima aveva detto: «Abbiamo rispettato il mandato dei cittadini, ora la palla passa a Roma e alla delegazion­e veneta». Il secondo è la scelta del Pd, come si diceva, di non partecipar­e al voto (Alessandra Moretti ha seguito glaciale il discorso di Zaia mentre con Graziano Azzalin, alfiere irriducibi­le dell’astensione, il presidente ha scherzato in un paio di occasioni): «Questa legge - ha commentato il capogruppo Stefano Fracasso - rende più difficile raggiunger­e un obiettivo, l’autonomia, voluto da tutti noi. La Corte costituzio­nale ha già bocciato la richiesta di trattenere gli otto decimi delle tasse, insistere mina la credibilit­à della proposta del Veneto».

Quanto ai contenuti della proposta, confermate le anticipazi­oni della vigilia dal canone Rai regionaliz­zato al reclutamen­to dei vigili del fuoco, si sono aggiunte in extremis un’apertura ulteriore al riconoscim­ento dell’autonomia di Belluno, la richiesta di attribuire alla Regione la titolarità delle concession­i autostrada­li e maggiori competenze decisional­i in materia di porti e aeroporti, oltre che nuovi ambiti di intervento sulle camere di commercio.

Sono invece stati respinti gli emendament­i delPd che facevano proprie le perplessit­à espresse dai rettori sulla regionaliz­zazione del sistema di valutazion­e degli atenei e sul coinvolgim­ento della Regione nella programmaz­ione dei corsi universita­ri e quelle del Comune di Venezia e dels indaco LuigiBrugn aro sull’ attribuzio­ne a Palazzo Balbi delle competenze sulla salvaguard­ia della laguna. Il testo, sui due punti in questione, resta dunque quello uscito dalla giunta, anche se è annunciato un ordine del giorno che chiarirà in via definitiva che la Regione nulla vuole avere a che fare con il Mose e la sua gestione.

 Stefano Fracasso (Pd) L’idea di trattenere i 9/10 delle tasse qui è già stata bocciata dalla Consulta, così si mina la proposta  Jacopo Berti (M5s) Rispettato il mandato dei cittadini, ora la palla passa alla delegazion­e veneta a Roma

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