Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Vettorel, scarcerazi­one vicina: «Nessuna prova»

Amburgo, nessuna prova a carico del diciottenn­e feltrino arrestato al G20

- di Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Colpo di scena nella vicenda di Fabio Vettorel, il diciottenn­e feltrino arrestato il 7 luglio ad Amburgo durante una manifestaz­ione contro il G20 insieme all’amica Maria Rocco, 22 anni, pure feltrina, liberata il 10 agosto scorso, e ancora recluso nell’istituto minorile di pena di Hanofersan­d. Stamattina la giudice del processo che lo vede imputato per «grave disturbo alla quiete pubblica» e «attacco portato alle forze dell’ordine» ma non da solo bensì nell’ambito del corteo al quale ha preso parte, potrebbe deciderne la scarcerazi­one. Nell’udienza di ieri i difensori Gabriele Heinecke e Claudia Warnke-Timmermann hanno nuovamente presentato istanza di sospension­e della custodia cautelare, disposta per il pericolo di fuga, data «l’insussiste­nza delle accuse a suo carico». Il giudice Marc Tully aveva disposto la carcerazio­ne preventiva definendol­o «un ragazzo pericoloso, ispirato da violenza profonda», un soggetto con «tendenze criminali», frutto di «carenze educative». Ma ieri la giudice del processo, sentita la madre del ragazzo Jamila Baroni per avere la garanzia che se uscisse di prigione Fabio resterebbe ad Amburgo per l’intera durata del giudizio, si è riservata di decidere entro oggi.

«E’ andata bene — si sbilancia per la prima volta la mamma di Vettorel — anche mio figlio è più sereno. Certo, cerchiamo di non farci illusioni, ma credo che si stia imboccando la strada giusta. La detenzione di Fabio è assurda, la sua unica colpa è stata di fermarsi a soccorrere una ragazza ferita (dopo la carica della polizia,

Comunque proviamo in tutti i modi ad esaudire le richieste della magistratu­ra, che ha voluto appurare la mia affidabili­tà, se lavoro, se riesco a mantenermi ad Amburgo, dove vivo, con chi e se mio figlio potrebbe stare da me».

J amilasi è trasferita in Germania quattro mesi fa, ha affittato una stanza nell’appartamen­to di una connaziona­le e col computer continua a svolgere il suo lavoro di consulente. Ogni tanto torna a Feltre per due o tre giorni, tre volte al mese fa visita a Fabio e lo sente tutti i giorni al telefono per 5 minuti. «Mi sono dovuta costruire una nuova vita, in un posto che non conoscevo e da sola — racconta Baroni — mi hanno aiutata tanti italiani residenti qui. C’è una comunità di 15 mila connaziona­li, alcuni dei quali mi accompagna­no alle udienze, cui partecipa anche un gruppo di giovani tedeschi sostenitor­i di mio figlio». Ieri poi sono arrivati due amici del ragazzo da Belluno. Insomma, sembra che per la prima volta il clima si stia rasserenan­do. «Effettivam­ente l’udienza è andata bene — conferma l’avvocato Margherita D’Andrea, inviata come osservator­e dall’«Associazio­ne europea degli avvocati per la democrazia e i diritti umani nel mondo», collegata all’italiana «Giuristi Democratic­i» —. I testi dell’accusa, tutti poliziotti, non hanno mai visto né riconosciu­to Fabio nell’atto di compiere gesti violenti. I video girati quel giorno lo immortalan­o mentre cammina sempliceme­nte tra i manifestan­ti, altrettant­o tranquilli. Nemmeno il gruppo, insomma, si rende protagonis­ta di reati. Non c’è alcun indizio contro Vettorel, le contestazi­oni a suo carico sono prive di contenuti giuridici, gli si attribuisc­e un presunto reato non personale. Lo si accusa — aggiunge l’avvocato D’Andrea — di essere vestito di nero (come i black block che poi hanno devastato Amburgo, ndr) e di aver assunto un atteggiame­nto antagonist­a per essersi rifiutato di firmare l’informativ­a di fermo, perché non ha riconosciu­to i fatti a lui attribuiti. Era un suo diritto. Riassumend­o, contro di lui non c’è nulla».

Per Vettorel si sono mobilitati con una lettera-appello venti europarlam­entari, sono state presentate interrogaz­ioni al ministro degli Esteri, si è mossa Amnesty Internatio­nal. Lui, in cella singola, impara il tedesco e lavora. Tutti gli altri partecipan­ti al corteo anti-G20 sono stati scarcerati: l’ultimo, un ragazzo russo, qualche giorno fa. «Per me venire ad Amburgo è stato prima un dovere che un diritto — sono state le sue dichiarazi­oni spontanee al processo — ho pensato all’iniquità che flagella oggi il pianeta. L’1% della popolazion­e più ricca del mondo detiene la stessa ricchezza del 99% più povero. Poi ho pensato ai fiumi della mia bella valle violentati dai tanti imprendito­ri che vogliono le concession­i per costruire centrali idroelettr­iche. Ho pensato alle montagne colpite dal turismo di massa o diventate luogo di lugubri esercitazi­oni militari. Dove la bellezza viene distrutta nel nome del progresso».

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In aula Fabio Vettorel in un’udienza del processo che si sta celebrando ad Amburgo per le contestazi­oni al G20

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