Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Gli affari romani di Zonin E ora spunta un super-debitore Processo: udienza il 12 dicembre
Quelle quattro società di Safdie. I segreti, i progetti, le disavventure
Gli affari a Roma, si diceva dentro la Popolare di Vicenza, li gestiva direttamente lui: Gianni Zonin. Quello era suo esclusivo territorio. E a quel tavolo, negli ultimi anni, l’ex presidente aveva finito per giocare con sempre più insistenza. La Capitale, d’altronde, rappresentava per lui il vero potere. Oggi quel capitolo è fondamentale per capire la natura del «Grande Buco», che ha messo in ginocchio BpVi (per inciso: è stato comunicato ieri che l’udienza preliminare del processo sarà il prossimo 12 dicembre).
I palazzinari
I nomi di alcuni dei principali beneficiari «romani» dei finanziamenti della banca, soggetti che non sono stati poi in grado di restituire le somme imprestate, sono già emersi in questi ul- timi giorni. Alfio Marchini, per esempio: l’ex candidato sindaco della Capitale, che compare in cima alla lista delle «sofferenze» al vaglio della Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, con la sua «Nsfi srl» (già «Lujan») per ben 62 milioni e 500mila euro. Oppure Luca Parnasi, l’uomo che si è impegnato a costruire nella zona delle Capannelle il nuovo stadio della Roma, che è fuori di 16 milioni. O ancora Francesco Bellavista Caltagirone, cugino del liquidissimo Francesco Gaetano, esposto per oltre 17 milioni di euro con «Acqua Marcia Immobiliare Srl».
Il nuovo nome
Ma oggi si scopre che c’era un altro grosso uomo d’affari romano, che aveva goduto della «generosità» di Zonin. Anzi, conti alla mano, sarebbe tra coloro che più di tutti avrebbe ricevuto somme poi non rese alla banca. Si tratta di Eduardo Salvator Safdie, classe 1950, origini italo-argentine, uno degli esponenti di spicco del panorama immobiliare della Capitale. A lui fanno (o facevano) riferimento ben quattro società comprese nella lista delle «probabili inadempienze». Due di queste ancora direttamente con- trollate: l’«Immobiliare Castel Giubileo», esposta per oltre 46 milioni di euro, e la «Aled Società per Azioni», che è fuori di 15 milioni. Altre due, invece, oggetto di interessi passati: la «Compagnia dell’Arancio» (poco più di 8 milioni di euro) e «Le Muratte» (oltre 32 milioni di euro»).
Abbiamo una banca foto
Ma chi è Safdie (nella qui a fianco) e che legame aveva con Zonin, per avere avuto tutto quel credito? Nato a Buenos Aires, poi trasferitosi in Italia, Safdie è considerato l’interprete degli interessi della comunità ebraica romana. E in particolare delle famiglie Di Domenico, Sonnino e Amati. Nel suo portafoglio ci sono molti negozi tra via del Corso e via Condotti, ma anche immobili di pregio (nel 2008, l’imprenditore italo-argentino comprò anche il palazzo di via dell’Umiltà, dove aveva sede il Popolo della Libertà). Per scoprire il contatto con Zonin, però, bisogna risalire al 2010. Quell’anno Safdie si fece promotore di un «comitato per la costituzione» di un nuovo istituto di credito: la Banca Medesia. L’obiettivo era quello di dare un riferimento alle piccole e medie imprese nell’area compresa tra Roma e Napoli. «Un’iniziativa di grande valore imprenditoriale», come lo stesso imprenditore la definì. Nel comitato figurava anche Riccardo Pacifici, allora presidente della comunità ebraica di Roma. Ebbene, Zonin acquisì il 9% di quella banca, spendendo 1,8 milioni di euro. La sottoscrizione del capitale venne però poi fatta slittare. E ad oggi non ci sono notizie di quella avventura.
Non solo Roma
Sia chiaro, l’ex presidente della Popolare non ne ha mai fatto una questione di religione. I soldi li ha dati sempre a tutti. Tra i grandi debitori dell’ex BpVi, che oggi zavorrano il bilancio della bad bank, ci sono per esempio anche varie realtà del mondo cattolico. Tra queste gli «Istituti scolastici Cardinale Cesare Baronio srl» di Vicenza, il noto complesso guidato da padre Paolo Zanutel (amministratore unico oltre che proprietario al 55%). Il «Baronio» è iscritto nelle sofferenze con una cifra pesantissima: oltre 11 milioni di euro. Soldi che difficilmente rientreranno (il bilancio dell’istituto del 2015 vede una perdita paria 260 mila euro, diminuita rispetto ai 540mila euro del 2014, ma comunque notevole). Ieri abbiamo cercato più volte al telefono padre Zanutel per farci spiegare che tipo di rapporto lui avesse con Zonin e per che cosa gli fossero serviti quei soldi. Ma il religioso non si è fatto trovare.
A casa di mattina
È questo il panorama del debito. Il mondo nascosto dell’ex Popolare. Amici, potenti, avventurieri. Un mondo che forse ha sempre corso più di quello che poteva. Ma va tenuto conto che nel pozzo è finita anche gente che forse non doveva. Silvano Corazzin, 63 anni, è uno di questi. Vittima delle baciate, ora è fuori di 10 milioni: «Io mi ricordo - ha detto qualche tempo fa al Corriere — ero in pigiama, una domenica mattina quelli delle Banca vennero addirittura a suonarmi a casa. In ginocchio mi dissero: prendi le azioni, sono più sicure dell’oro». E invece...