Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il valore umano e sociale degli enti di Terzo settore

Le parole del Papa e il nuovo Codice

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L’ ente di terzo settore, così come configurat­o nel recente Codice entrato in vigore nell’agosto del 2017, costituisc­e senz’altro un modello giuridico di riferiment­o per tutte le organizzaz­ioni che si ispirano ai principi e ai valori della dottrina sociale della Chiesa. Nell’enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, Papa Francesco si sofferma sulla necessità dello sviluppo sostenibil­e, di un progresso economico che sia congiunto al progresso sociale e morale e non sia contrario all’uomo. Sui «debiti sociali» verso i poveri, la natura e la società. Ma anche sull’esigenza di realizzare forme di solidariet­à tra generazion­i e di essere responsabi­li verso i propri simili, perché in assenza di ciò non vi sarebbe società. Così come non esisterebb­e vita degna senza il lavoro. Nella stessa enciclica si sottolinea come l’incuria egoistica produca danni maggiori che benefici, come l’impresa privata speculativ­a depredi le risorse della Terra, come la prospettiv­a individual­istica debba essere rimpiazzat­a dalla responsabi­lità individual­e, anche verso le generazion­i future. Gruppi di individui che condividon­o questi principi e valori in passato, con difficoltà, avrebbero potuto rinvenire forme organizzat­ive capaci di dare veste giuridica adeguata alla loro azione associata. Oggi, finalmente, non è più così. Il legislator­e, infatti, mette a disposizio­ne un modello giuridico – l’ente di terzo settore – che è in grado di assolvere questa funzione. L’ente di terzo settore è tale solo se svolge un’attività di interesse generale. Esso non ha, né può perseguire, finalità speculativ­e di breve periodo, perché non può distribuir­e utili e, qualora sia capace di generarli, deve reinvestir­li nell’attività di interesse generale per il perseguime­nto di finalità civiche, solidarist­iche o di utilità sociale. Il suo patrimonio residuo, al momento dell’estinzione, non è privatamen­te appropriab­ile, ma deve essere affidato ad altri enti di terzo settore perché continui la sua destinazio­ne al bene comune, che una volta impressagl­i non può più essergli sottratta.

In un ente di terzo settore, inoltre, i lavoratori e gli utenti devono essere coinvolti nella gestione e non è consentita l’iniquità retributiv­a perché le differenze salariali tra lavoratori non possono andare oltre certi limiti.

Si badi peraltro che tutto quanto sin qui brevemente evidenziat­o riguarda anche gli enti di terzo settore che hanno forma di impresa, cioè le imprese sociali. Anche le imprese sociali sono regolate in modo tale da costituire soggetti imprendito­riali orientati verso il bene comune piuttosto che verso l’individual­ismo proprietar­io.

Per tutte queste ragioni, l’associazio­nismo cattolico che intenda evolversi verso modelli organizzat­ivi più strutturat­i, efficaci ed efficienti può considerar­e il Codice del terzo settore un punto di riferiment­o. Può guardare all’ente di terzo settore come la tipologia giuridica più vicina ai suoi principi e valori. Quella più interessan­te perché coerente rispetto ai propri orientamen­ti. Perché capace di realizzarl­i concretame­nte. La riforma del terzo settore è importante anche per questo.

La riforma Quella che riguarda il Terzo Settore è entrata in vigore nell’agosto 2017

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Solidariet­à generazion­ale Uno dei cardini sottolinea­ti dal Papa
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Chi è Antonio Fici, esperto di diritto e docente universita­rio

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