Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
La delegazione dell’ateneo lascia Venezia infastidita «Trovate l’accordo in fretta»
Il rettore Rosario Rizzuto e il preside di Medicina Mario Plebani avevano lanciato più volte appelli alla politica perché arrivasse a una composizione e i toni duri che ieri hanno aperto il solco tra Regione e Comune di Padova li hanno spiazzati. Al rettore non è rimasto che ri-chiedere un «accordo in tempi rapidi» per accorciare i tempi di posa della prima pietra dell’ospedale.
PADOVA Fatto trenta (il tavolo tecnico) si aspettava di fare trentuno (l’accordo), o quantomeno di trovare un clima più disteso. L’Università di Padova vive il nuovo scontro tra Regione e Comune con un misto di stupore, malcelata delusione e impotenza: a un passo dal traguardo, infatti, la sorte del nuovo ospedale è di nuovo nelle mani degli altri attori. E le loro posizioni restano distanti.
Alla vigilia dell’incontro, a proposito del nodo sulla cessione dei terreni di San Lazzaro, il presidente della scuola di Medicina Mario Plebani era stato chiaro: «Non si può vanificare tutto, spero che la politica sia responsabile». Del resto, dopo tanto faticare per raggiungere l’accordo sui due poli ospedalieri, l’Ateneo non si aspettava che i venti milioni di distanza tra l’offerta del Comune e la richiesta della Regione costituissero un problema così grave. A quanto pare non è così e Plebani adesso preferisce temporeggiare: «Quel che dovevo dire l’ho già detto, la palla passa al Comune. La decisione che può sbloccare la partita deve arrivare da lì e quindi mi esprimerò solo quando il Comune avrà detto che intenzioni ha». Stefano Merigliano, direttore del dipartimento di Scienze chirurgiche e coautore dello studio di prefattibilità sul nuovo ospedale, si dice ottimista e si limita ad auspicare una soluzione «in tempi rapidi per il bene della città», come a dire che l’ennesimo ostacolo non sembra insormontabile e che in questo momento non è il caso di gettare benzina sul fuoco.
Insomma, l’Università continua a predicare pazienza, come ha sempre fatto ogni volta che si è ritrovata con le mani legate. Non è un mistero, comunque, che l’esito dell’incontro abbia spiazzato la delegazione accademica guidata dal rettore Rosario Rizzuto.
Il fastidio è evidente: nella nota diramata ieri dopo l’incontro, Rizzuto torna ad auspicare «una soluzione pienamente condivisa e rapida» per evitare «ulteriori ritardi», ricordando che si tratta di un’opera fondamentale «non solo per Padova ma per tutto il Veneto»; a stupire sono stati soprattutto i toni duri e l’atteggiamento muscolare di Zaia, che di fatto ha offerto il fianco al nuovo muro contro muro con Giordani.
Il dato positivo arriva dalla scelta dell’area per il polo di ricerca e insegnamento dove «affrontare le sfide della medicina moderna e formare la classe medica di domani», che è caduta su Padova Est «sulla base di minori criticità e tempi più rapidi di esecuzione»: il compromesso politico ha finito per combaciare con le esigenze funzionali espresse dall’Ateneo, che si era sempre detto contrario all’opzione del nuovo su vecchio sostenuta dal Comune e a quella dell’aeroporto Allegri avanzata dalla Provincia.
In attesa della prossima mossa, intanto, la scuola medica del Bo vive tra due sensazioni opposte: da un lato la speranza che le prove di forza lascino spazio alla concordia e che tutto si risolva al più presto, perché la posta in gioco è troppo alta e raggiungere un accordo conviene a tutti; dall’altro il timore che le elezioni politiche della prossima primavera possano modificare lo scenario e rallentare ulteriormente un percorso già abbastanza accidentato.
Soprattutto se sulla scheda elettorale dovesse comparire il nome di Zaia.