Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Mose, niente utili alle aziende fino alla fine dei processi Le imprese potrebbero restituire i soldi, continua la guerra col Consorzio
VENEZIA Non possono, possono, non possono. Montagne russe giudiziarie sul Mose e sugli utili dei lavori per le imprese. L’ultima tappa della vicenda che si trascina da quasi due anni è arrivata ieri con una decisione del Consiglio di Stato, che ha accolto il ricorso di Anac e Prefettura di Roma (il soggetto che ha disposto, su invito del primo, il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova), ristabilendo il quadro giuridico contestato dalle imprese e cancellato in primo grado dal Tar del Lazio. Ora dunque si torna allo stop degli utili legati ai lavori del Mose, come prevede la legge anticorruzione che ha istituito l’Anac e regola il commissariamento di aziende o appalti.
Il senso è quello di contemperare da un lato la continuità dei lavori, affidati a chi già li stava eseguendo, dall’altro la necessità di non far lucrare su quegli stessi cantieri chi è finito sotto inchiesta per fatti illeciti. La norma prevede dunque che i commissari stornino gli utili (individuati anche in via presuntiva) in un conto a parte, in attesa della definizione dei procedimenti penali in corso per eventuali risarcimenti. Il problema è che il caso del Mose è più complicato di altri, perché il Consorzio è formato dalla varie imprese che eseguono i lavori e fa da intermediario per i pagamenti. Il prefetto di Roma aveva dunque stabilito che non aveva senso bloccare gli utili del solo Cvn, ma anche quelli delle imprese. Tesi contestata dai privati, che avevano convinto i giudici del Tar romano dell’applicazione letterale, rivolta solo al soggetto commissariato, in questo caso il Cvn. I giudici di appello sono stati però di avviso contrario: «Posto l’obbligo giuridico che grava sui commissari di accantonare tutti gli utili (senza distinzione alcuna) che discendono dal contratto commissariato scrive la quinta sezione, presieduta dall’ex ministro Franco Frattini - non si vede come sia possibile distinguere tra utili spettanti al Consorzio ed utili di competenza delle imprese consorziate».
«Soddisfazione», arriva dall’Autorità nazionale anticorruzione, guidata da Raffaele Cantone, mentre nei prossimi giorni si capirà che cosa succede ora. Infatti dopo la decisione del Tar di un anno fa, l’accantonamento non era stato più eseguito, ma bisogna capire se le imprese dovranno restituire i soldi. Tra Consorzio e privati c’è tensione proprio sui pagamenti in ritardo, tanto che Mantovani – l’impresa più agguerrita – ha presentato due istanze di decreto ingiuntivo al tribunale di Venezia, facendosi riconoscere dal giudice circa 17 milioni di euro. Ieri pomeriggio sia nella sede del Cvn, che tra i privati, si stavano valutando con i legali proprio le conseguenze della decisione.
Intanto il gup Gilberto Stigliano Messuti ha fissato per il 20 marzo l’udienza preliminare del processo ai «grandi accusatori» dell’inchiesta Mose. Sul banco degli imputati, come richiesto dai pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, finiranno l’ex presidente di Mantovani Piergiorgio Baita e il suo ex direttore finanziario Nicolò Buson, l’ex ad di Adria Infrastrutture Claudia Minutillo, il rappresentante del Coveco nel direttivo del Cvn Pio Savioli e il faccendiere Mirko Voltazza. Quest’ultimo ha una posizione minore legata soprattutto a false fatture, mentre i primi quattro sono accusati di diversi reati di corruzione e, per Baita e Buson, frode fiscale. A dicembre, anche se si vocifera di una richiesta di proroga ai primi di gennaio, sarà pubblicata la sentenza del maxi-processo che si è concluso a metà settembre, che traccerà la linea soprattutto sulle prescrizioni, visto che molti reati sono comuni al secondo processo. Proprio per questo il gup ha fissato il processo più avanti. Non è escluso che qualcuno degli imputati decida di patteggiare.
I giudici I commissari devono accantonare tutti gli utili che discendono dal contratto commissariato