Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
I 90 anni di Sala, politico appassionato e costruttore del futuro (anche della città) È stato il sindaco più giovane di Vicenza e segretario della giunta veneta
VICENZA Reimparare il tempo. Cinque anni fa, celebrando i suoi cinquant’anni di nozze con Ornella Toffolon, Giorgio Sala fissava in un quaderno di «brevi appunti di storia civica» il suo impegno per Vicenza. Di questa «città reale» è stato, allora nel 1962, a 35 anni, il «più giovane sindaco» di capoluogo in Italia (incarico che svolse per 13 anni, fino al 1975).
Accanto ai suoi pensieri intimi e una appassionata dedica ai suoi eredi (ha avuto cinque figli, che gli hanno dato 11 nipoti) ha voluto porre la traccia per una politica del territorio che andrebbe analizzata ancor oggi per la sua stringente attualità. Oggi festeggia 90 anni.
Sono tante, in queste ore, le attestazioni di stima, di felicitazioni e di auguri che lo raggiungono. Ragionando con lui, e complimentandomi per la sua freschezza di pensiero, il suo intelligente ottimismo «generativo», la fede prudente che ha nutrito le sue esperienze, le esemplari lezioni di vita che continua ad offrire, ricche come sono di memoria e di induzione alla speranza, pillole di saggezza che riesce a donare, mi sono sentito rispondere: «Vale la pena di arrivare a novant’anni per incassare tante buone parole. L’unica cosa certa, su cui meditare è però la nostra insufficienza di fronte ai grandi temi dell’umanità»,
Ascoltare Giorgio Sala, ricordandolo nella sua biografia personale e politica, è un alimentare continuo di quella vicentinità che è fatta di ardore cattolico vissuto nel sociale, di saggio confronto con la laicità di una città che ha espresso nei secoli arditi interpreti, scienziati e letterati mai domi nella loro curiosità. Il sindaco Sala, uomo spesso di frontiera, esigente nella sua autonomia, ha trasfuso le qualità del servizio assumendo le redini della amministrazione berica da Antonio Dal Sasso e lasciandola poi nelle mani di Giovanni Chiesa con un passaggio di testimone fatto di profonda sensibilità, di grande decoro, di signorile rispetto, di accurata attenzione alle voci più umili. Dopo l’esperienza di sindaco, quella di consigliere regionale a Venezia, di segretario generale della Biennale, poi di Segretario della Giunta Regionale del Veneto hanno segnato tappe importanti della civiltà di questa nostra terra. Non è mai stato un professionista della politica. Ha esercitato la sua passione prevalente, quella di maestro elementare, poi, dopo gli studi di Giurisprudenza, altre lezioni di diritto negli istituti superiori. Ha diretto, primo laico,il settimanale della Diocesi, «La Voce dei Berici» nella quale ha lungo, ancor prima della direzione, ha profuso le sue considerazioni puntuali sulla vita politica e le più alte espressioni di democrazia e partecipazione civica. Accademico olimpico dal 1976. Per otto anni è stato chiamato a svolgere il ruolo di consigliere di amministrazione del Banco Ambrosiano Veneto.
Lo possiamo tranquillamente annoverare tra quegli ottimisti che hanno contribuito a costruire il bene civile di una Italia che non va trascurata, che continua ad avere il coraggio di trasformare le difficoltà in opportunità, che vede il tempo della crisi come l’occasione per imparare a scegliere, che, per dirla ancora con una battuta at- tribuita allo scrittore Gilbert K. Chesterton, interpreta «l’ottimista come un uomo che vi guarda gli occhi, quando invece il pessimista guarda i vostri piedi».
Nel librettino raccolto cinque anni fa, fatto di stimolanti ricordi, Giorgio Sala ha voluto, non a caso, riprendere a monito dagli atti del consiglio comunale dei 24 novembre 1972 il dibattito acceso ma sereno che con lui ha visto protagonisti i capigruppo allora presenti in n sala Bernarda: Breganze, Bevilacqua, Busa, Rainaldi, Giulianati, Pisoni, Di Natale, Guglielmini. Forse vale la pena di riproporlo, a quarantacinque anni di distanza. Un utile spunto di riflessione non solo per chi si candida ad amministrare domani Vicenza.
Giorgio Sala, da costruttore di futuro qual è, proietta ancora oggi, fresco della sua età ben spesa, l’impegno per un «dopo Sala» che ha affidato per primi ai suoi figli Alessandra, Isabella, Francesca, padre Sergio gesuita, già missionario nella Scampia di Gomorra, e Giovanni, ai numerosi nipoti e ai tanti amici che hanno condiviso la fatica, mai leggera, di un percorso pubblico.
Sala L’unica cosa certa, su cui meditare è però la nostra insufficienza di fronte ai grandi temi dell’umanità