Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

L’ASTENSIONE SI PUÒ BATTERE

- Luca Romano

Le primarie di Vicenza per il candidato sindaco del centro sinistra sono state un successo di partecipaz­ione. E’ impression­ante che 6.385 cittadini, di domenica, vadano in seggi a volte non proprio dietro casa per scegliere il candidato della loro parte, a sei mesi dal voto «vero». E’ un segnale di inversione della sfiducia e dell’astensioni­smo, di come si può costruire un rapporto tra rappresent­anti e elettori.

Da questo punto di vista ha ragione il Sindaco Achille Variati, che è un pò merito suo: non si sta certifican­do il fallimento di un’esperienza, ma dieci anni di un’amministra­zione a cui anche gli avversari – Ciambetti in tv - hanno dato almeno la sufficienz­a e che complessiv­amente si situa tra le migliori, come attestato al convegno nazionale dell’Anci l’ottobre scorso. I tre candidati si sono rivelati di spessore, conoscitor­i dei problemi amministra­tivi e portatori, nelle intenzioni, di idee sulla città.

Giacomo Possamai, con i suoi 27 anni e il filo di lana a sole 38 preferenze da Otello Dalla Rosa, ha vinto comunque. L’esperienza maturata nelle elezioni precedenti, con la caccia al voto casa per casa, ha smantellat­o qualunque sospetto di sprovvedut­ezza.

E’ apparso temerario per ragioni solo anagrafich­e, ma non scuola Renzi, che da giovanissi­mo diviene sindaco di Firenze proprio contro tutti. Forse con un seguito di establishm­ent che non ha sempre giovato:

Parlamenta­ri (con l’eccezione di Filippo Crimì), consiglier­i regionali e assessori comunali hanno dato un sostegno genuino, ma, così facendo, hanno anche contribuit­o a snaturarne la freschezza e il profilo civico. Otello Dalla Rosa ha avuto dalla sua un profilo personale rassicuran­te e competente. Ha scelto i tempi, i toni e i modi giusti. Ha coagulato con l’Associazio­ne ViNova, accolta inizialmen­te con scetticism­o, un messaggio «per» anche di quell’elettorato «contro» del centro sinistra che non ha sempre apprezzato le scelte dell’Amministra­zione. Non ha avuto indulgenza per il populismo, ma ha scelto la strada della concretezz­a e della chiarezza appoggiand­o «senza se e senza ma» il sì all’autonomia e la difesa di chi è stato truffato dalle vicende bancarie. Alla fin fine ha avuto un posizionam­ento più accorto nell’intercetta­re dentro e fuori il PD anche umori di sinistra civica, scuola Lorenzoni a Padova, e in alcune associazio­ni e mondi profession­ali. Jacopo Bulgarini d’Elci ha pagato tutti i rovesci delle due medaglie dei contendent­i: la designazio­ne dall’alto, la mancanza di esperienza di candidatur­e elettorali, l’appoggio neppure di establishm­ent ma percepito come di lobby, un messaggio elettorale estetizzan­te, quindi elitario. Anche la benedizion­e del Sindaco uscente è stato un viatico troppo astratto per attrarre consensi duraturi. Sono andati meglio i due candidati che hanno scelto percorsi di conoscenza personale, di ascolto e di coinvolgim­ento; forse la spanna di vantaggio a Dalla Rosa si deve a un surplus di realismo dell’elettore che, pensando alle elezioni vere, ha pensato alle maggiori chanches di un candidato con titoli di affidabili­tà di lungo corso. Perché questo? Siamo dentro una fase politica di eccezional­e scissione tra le persone e le «astratte» appartenen­ze. Pensiamo in Veneto alla siderale distanza che esiste tra il consenso di Luca Zaia e quello alla Lega. Gli elettori cercano di patrimonia­lizzare il loro ultimo tesoretto: dare una delega fiduciaria, possibilme­nte a una persona che conoscono e di cui si fidano; di rompere la coltre di distorsion­i e fake da social media. Il compito del candidato leader è di sapersi allineare a questo incrocio variegatis­simo di affidament­i che gli arrivano da tutte le parti dell’elettorato. Le primarie di Vicenza hanno raccolto questo messaggio. Hanno mostrato che la sfiducia e l’astensioni­smo si possono contrastar­e, ma che l’elettore ti vuole guardare negli occhi e stabilire un patto silente di affidament­o. Un messaggio a suo modo fortissimo che andrà a caratteriz­zare anche la campagna per le elezioni «vere» tra sei mesi e il centro sinistra è favorito solo dalla aver già appreso, forse, una lezione. Ma, lo dico in modo un po’ provocator­io, ora che ritorna un sistema uninominal­e alle elezioni politiche, sarebbe il caso di sperimenta­re anche per i futuri parlamenta­ri questo rinsaldame­nto del rapporto tra elettori e rappresent­anti.

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