Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
IL PROF CALÒ «SCANDALO» CRISTIANO
L’ormai (noto) caso del professor Antonio Silvio Calò – aggiornato recentemente dalla decisione di vivere con la moglie in canonica assieme al parroco nell’hinterland trevigiano lasciando vivere nella sua casa i suoi figli e i sei profughi a suo tempo accolti – ha assunto non solo ampi echi mediatici, ma anche caratteristiche scandalose. Intendiamoci, scandalose nel più fedele etimo greco della parola: scandalo come ostacolo, inciampo. Ostacolo al diffuso modo di vedere l’immigrazione, nei cui confronti monta insofferenza se non rancore (il sentimento che caratterizza la società italiana oggi, dice il Censis). Per cui fa scandalo chi non se la cava con lo slogan «politicamente corretto» dell’«aiutiamoli a casa loro» (più facile a dirsi che a farsi, come per tutti gli slogan), ma chi li aiuta a casa propria. Letteralmente.
Come fa scandalo il fatto di condividere la quotidianità della propria scelta coniugale con un parroco: un inedito ostacolo mentale per la nostra tradizionale visione cattolica che vede il prete solo da un lato (confondendo celibato ecclesiastico con solitudine) e vita di famiglia dall’altro. Come se matrimonio e ordine sacro fossero due sacramenti impermeabili e lontani.
Naturalmente si può pensare tutto ciò che si vuole delle scelte – peraltro privatissime – del professor Calò e famiglia. Tuttavia non è vietato rintracciare in tali scelte radicali (le scelte radicali sono una categoria oggi culturalmente incomprensibile o vista con sospetto) una caratteristica per così dire profetica.