Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Calò, scandalo cristiano
Profezia come qualcosa che viene detto prima, anticipatamente. La prima profezia sta proprio nel vivere in prima persona quel rimescolamento profondo, quel meticciamento umano, culturale, religioso che sembra ormai segnare inesorabilmente questo giovanissimo secolo e questo invecchiato paese. E che spinge molti nel rinserramento, nella difesa impaurita, nella nostalgia: come scrive Bauman, verso quella retrotopia che ha ormai sostituito l’utopia che guardava avanti. La seconda profezia sta nel ripensare – in questa società dove ormai il credere è minoritario di fatto – il rapporto tra preti e laici, tra parrocchia e territorio, tra consacrati nel matrimonio e consacrati nel presbiterato.
Se c’è un minimo comune denominatore tra queste due esperienze è la ricerca di un senso di comunità. Termine sempre usato ed abusato, ma di ben difficile realizzazione, com’è noto. Perché esige una antropologia calda e solidale (ci aveva provato, ma solo provato, il ’68 con le comuni familiari), perfettamente agli antipodi però al modello di società attuale: assolutamente libertaria, quindi indiscutibilmente individualistica.
Ecco perché è difficile «capire» (e tanto più condividere) le scelte in questione. D’altronde le profezie hanno avuto sempre la vita difficile. Ci disturbano: non a caso sono scandalose.