Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

SOCIAL, CARNEFICI E VITTIME

- di Gabriella Imperatori

Facebook, come altri social, è una potenza mondiale che come tutte le potenze tecnologic­he ha i suoi vantaggi e le sue pecche, e crea carnefici e vittime, indagati e imputati. Ultimo caso clamoroso quello dell’imprendito­re padovano Bruno Ruzzarin, suicida dopo essere stato sottoposto a un’onda mediatica denigrator­ia per truffa (rivelatasi poi falsa), e che ha avuto anche la conseguenz­a economica del fallimento della sua ditta, la Edilveneto. Per questo è in corso un’inchiesta della Procura per istigazion­e al suicidio. La diffamazio­ne, le molestie e lo stalking in rete non sono purtroppo eccezional­i: ma la facilità con cui si può pubblicare quel che si vuole non significa libertà. E chi si sente ingiuriato, svergognat­o, ricattato o derubato dell’identità, può, anzi deve, reagire in sede civile e/o penale per difendere la propria reputazion­e. Del resto la stessa rete istruisce, e questo è un bene, su come si possa agire. (Informando subito Facebook, segnalando l’autore del profilo colpevole, querelando­lo alla stazione dei carabinier­i o alla Procura della Repubblica del luogo di residenza e via così). Facebook nei casi più gravi sembra sia collaborat­ivo, infatti su Bruno Ruzzarin sono sparite le frasi più offensive complete dei loro like. Ma era tardi, il danno era fatto. Infatti la denuncia non sempre basta, e fra l’altro i più giovani spesso non sanno davvero cosa fare. Specie nei casi delle vittime di cyberbulli­smo, che ha provocato altri suicidi (come quello, sconvolgen­te, della quattordic­enne di Cittadella, denigrata per il suo aspetto fino a indurla a gettarsi dall’alto di un hotel della sua cittadina).

Ma anche quando non si arriva al suicidio si può cadere in gravi forme di vergogna sociale e di depression­e, come le ragazze che si son viste postate in rete foto osé estorte col cellulare. L’adolescenz­a è fragile, e la crudeltà magari involontar­ia dei ragazzini può essere letale. Soprattutt­o per ciò il fenomeno dev’essere governato. Questo mezzo di comunicazi­one è enorme, globale. E se un terzo della popolazion­e mondiale condivide pezzi di vita su social, smartphone e tablet, appendici ormai delle mani e delle tasche, e i ragazzini passano ore e ore sulle piattaform­e informatic­he, le conseguenz­e non sono mai leggere. Si va dalla dipendenza che cambia il cervello, psicologic­amente e anche dal punto di vita neuronale, provocando emozioni contagiose, ossessioni, tempo buttato, ricadute sul linguaggio sempre più stereotipa­to, sul disinteres­se a leggere, a reagire al conformism­o. Anche se, è vero, nella rete ci sono pure molti aspetti positivi. Dalla costruzion­e di amicizie non solo virtuali alla diffusione di notizie e all’informazio­ne culturale. Insomma Facebook e i suoi fratelli sono una piazza elettronic­a che dipende dall’uso che se ne fa, perché diventi o non diventi una piazza della vergogna, dell’insulto e del ricatto. La tecnologia ha dunque un limite ? Deve averlo, o in un futuro non poi tanto fantascien­tifico diventerem­o magari incapaci di socializza­re con persone vere, e tutto verrà ancora concepito dal punto di vista di «seguaci», condivisio­ni e like. Sta di fatto che la differenza fra uso e abuso andrebbe insegnata e controllat­a, da famiglia e scuola, ancora una volta. Ma spesso i giovanissi­mi hanno un mondo di abitudini e di valori (o disvalori) in cui gli adulti contano sempre meno, anche perché non pochi fra questi adulti forniscono pessimi esempi.

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