Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
La locomotiva Veneto cresce meno dell’Italia
Pochi figli, i veneti vanno via e gli stranieri calano
VENEZIA Come preannunciato mercoledì dal governatore Luca Zaia, il consiglio regionale ha bocciato ieri grazie al voto contrario della maggioranza (mentre è un giallo quello dei Cinque Stelle: erano fortemente contrari, ma per sbaglio hanno votato a favore) la proposta del Pd di introdurre l’addizionale Irpef per i redditi sopra i 75 mila euro per finanziare un piano d’intervento da 49 milioni per il welfare, dai disabili agli anziani, dal caro affitti agli studenti.
Lo stesso Zaia nel corso del suo intervento in aula aveva ammesso la necessità di «fare di più» su questo fronte e forse non a caso, mentre a Palazzo Ferro Fini ci si apprestava a bocciare «l’Operazione Futuro», com’era stata ribattezzata dai
dem , da Palazzo Balbi arrivava notizia di un aumento di 3 milioni del fondo sociale destinato alle Usl: «Il fondo – ha detto l’assessore di reparto Manuela Lanzarin – dal 2012 era bloccato a 18 milioni. L’incremento a 21 milioni rappresenta un importante sforzo, se si considera che lo Stato interviene con tagli orizzontali». Il Pd, che dopo quello della Cisl aveva incassato anche il sostegno della Cgil, non si fa rabbonire («Hanno tirato uno schiaffo ai tanti, troppi veneti in difficoltà») mentre la Lega, dove pure non mancano i consiglieri segretamente favorevoli all’addizionale, rinviano tutto a quando si sarà conclusa la trattativa sull’autonomia, la soluzione a tutti i mali, e intanto rivendicano il Veneto «Regione Tax Free».
Archiviata l’addizionale, la discussione al Ferro Fini si è dipanata per tutto il giorno attorno alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza Regionale (il Defr), che delinea le strategie su cui si articolerà il bilancio, dopo aver tracciato nelle premesse una «fotografia» del Veneto che induce a qualche riflessione perché, come ha evidenziato Piero Ruzzante di Mdp, pare che la nostra Regione «non sia più la locomotiva d’Italia, bensì uno dei vagoni che si fa trainare a fatica».
Vero è, perché lo dicono gli uffici della Regione sulla base dei dati Istat e delle previsioni di Prometeia e del ministero dell’Economia, che nel 2017 il Veneto cresce leggermente meno dell’Italia: il Pil (che si attesta a 151 miliardi di euro) registra infatti un più 1,4%, contro l’1,5% fissato dal Def nazionale. Indietro anche la spesa per i consumi delle famiglie (1,3% contro 1,4% nazionale), quella delle pubblica amministrazioni (0,4% contro 1%), gli investimenti (2% contro il 3,1%) e pure le esportazioni, da sempre il nostro principale elemento di forza (3,6% contro il 4,7% nazionale). E però va detto che nonostante la crescita debole il Veneto rimane la terza regione in Italia per produzione di ricchezza dopo Lombardia e Lazio (il Pil per abitante è di 30.843 euro, superiore del 14% rispetto a quello nazionale), la prima per turismo (65,4 milioni di presenze, +3,4%), la seconda per export (nel 2016 il fatturato estero ha raggiunto il record di 58,2 miliardi di euro) e tasso di disoccupazione (nel 2016 era al 6,8% contro il 7,1% dell’anno prima). Un neo, se si vuole, è la spesa per la ricerca e lo sviluppo: in Veneto si attesta all’1,11% del Pil, quando in Italia siamo mediamente all’1,38% e l’Europa vorrebbe arrivassimo nel 2020 all’1,5%.
Interessanti (e preoccupanti) per il consiglio chiamato di qui a fine mese ad approvare il bilancio i dati relativi al quadro sociale: la popolazione continua a ridursi ed ora è di 4.907.529 abitanti, -7.594 nell’ultimo anno, addirittura -20 mila in due anni, come si fossero persi 5 Comuni. Secondo le previsioni Istat, i veneti saranno 4,8 milioni nel 2045 e addirittura 4,4 milioni nel 2065. Il motivo è presto detto: non si fanno figli (-2,8%, siamo a -22% rispetto a dieci anni fa), molti soprattutto gli italiani - se ne vanno (sono stati 10.751 nel 2016, il 13,2% in più rispetto 2015), e il calo non viene compensato dagli stranieri, che anzi sono scesi del 2,5% e oggi sono 485.477, a dispetto della retorica sull’«invasione». Risultato: il 22,3% dei veneti oggi ha più di 65 anni. Sarà il 35% nel 2045. Infine la povertà: in Veneto è considerato «a rischio» il 16,8% della popolazione. Meno della media nazionale ed europea (rispettivamente 28,7% e 23,8%) ma stiamo pur sempre parlando di 828 mila persone.
Ruzzante Altroché locomotiva, siamo un vagone che si fa trainare