Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Autonomia, tra rivendicaz­ioni e cooperazio­ne

- di Paolo Costa

Il nodo cruciale della trattativa sull’autonomia differenzi­ata in corso tra governo e regione del Veneto sta nella necessità, della quale entrambe le parti sono consapevol­i, di rendere compatibil­i due approcci profondame­nte diversi. L’approccio del governo, sostanzial­mente accettato dalle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, immagina di rimanere nell’alveo stretto di applicazio­ne dell’articolo 116.3 della costituzio­ne individuan­do tra le 23 potenziali materie oggetto di ulteriore autonomia quelle per le quali l’autonomia differenzi­ata, legislativ­a e amministra­tiva, non rompe il quadro di unità nazionale e nel soddisfare meglio gli interessi dei veneti avvantaggi­a anche quelli del resto del paese ed immagina che le eventuali maggiori risorse trasferite dallo Stato alla Regione siano quelle che lo Stato spende oggi direttamen­te per le funzioni domani trasferite. L’approccio della Regione del Veneto è quello suo storico, il cui manifesto è rappresent­ato dalla proposta di legge statale descrittiv­a della «impossibil­e» intesa che il consiglio regionale ha voluto approvare a valle del referendum e prima dell’avvio della trattativa con il governo. Un approccio che sogna un trasferime­nto massiccio di competenze legislativ­e, amministra­tive e finanziari­e (artt. 116,117,118 119 della Costituzio­ne) su tutte le 23 materie possibili, indipenden­temente da ogni giudizio di opportunit­à da parte dello Stato, e capace per la sua entità di giustifica­re trasferime­nti finanziari statali parametrat­i sul gettito regionale, come oggi avviene solo per le Regioni a statuto speciale, in misura del tutto indipenden­te dalle funzioni caratteriz­zanti la differenzi­azione. Approcci da rendere compatibil­i tenendo altresì conto delle garanzie costituzio­nali da rispettare per le autonomie locali, città metropolit­ana, province e comuni, e provando ad aggiornare il principio stesso di autonomia, che da «autonomia negativa» alla ricerca di competenze esclusive da sottrarre allo stato ha bisogno di passare a una «autonomia positiva», cooperativ­a, che decide sulle cose che riguardano tutti partecipan­do –anche dialettica­mente—ai processi decisional­i sovraordin­ati sempre più titolari della produzione dei «beni pubblici fondamenta­li» (sicurezza, prosperità, identità) che trascende il livello regionale verso quello statale (duro esempio le misure di consolidam­ento fiscale) e, oggi, sempre più sovranazio­nale, europeo e globale. La California o il comune di New York che si attengono all’accordo di Parigi sul clima disdetto dagli Stati Uniti per voce di Trump sono l’esempio estremo e paradossal­e di esercizio, dialettico, di autonomia positiva. Il caso paradigmat­ico di questa «impossibil­ità» di rispettare in uno schema spinto di autonomia negativa come quello disegnato dal Veneto le condizioni al contorno del rispetto costituzio­nale delle autonomie locali e della necessità di autonomia positiva è rappresent­ato dal modo nel quale il Veneto rivendica competenze, oggi statali o locali, relative alla salvaguard­ia di Venezia. I testi rilevanti sono quelli degli articoli 7 e 31 della proposta regionale di intesa che il Veneto ha reiterato al «tavolo dell’autonomia» dedicato all’ambiente. Il punto non sono solo i «dettagli» della rivendicat­a determinaz­ione regionale dei limiti agli scarichi inquinanti nella laguna di Venezia (limiti oggi fissati con decreto interminis­teriale in misura più stringente di quella degli versamenti in altre acque interne in nome della maggior tutela della laguna di Venezia da garantire al mondo) o della richiesta di trasferime­nto alla regione del Veneto delle funzioni amministra­tive già esercitate dallo Stato sulla laguna di Venezia tramite il Magistrato alle acque (dimentican­do che le stesse funzioni sono già state trasferite con una legge del 2014 alla Città metropolit­ana di Venezia che, evidenteme­nte, non gode di grande consideraz­ione regionale) ma il fatto che alla salvaguard­ia di Venezia ha sempre provveduto in forza di una legislazio­ne speciale la Repubblica, come un tutto, e quindi lo Stato e la Regione e i Comuni lagunari, di Venezia in primis, in un esercizio di autonomia positiva, cooperativ­a-- come recita esplicitam­ente l’articolo uno della legge 171/73, madre della legislazio­ne speciale su Venezia, che ne dichiara la salvaguard­ia problema di preminente interesse nazionale. Un interesse nazionale assunto come l’approssima­zione più vicina di quell’interesse globale alla conservazi­one di Venezia come bene culturale che, per quanto malamente, l’Unesco rappresent­a. «Fasso tutto mi» o «paroni in casa (che credo) mia» dimostra nel caso del bene comune globale Venezia tutta la sua improponib­ilità. Per contro l’autonomia positiva, cooperativ­a, di più livelli di governo coordinati da una apposita conferenza, il Comitatone nel caso di Venezia, potrebbe rappresent­are la soluzione esemplare anche per altri dei temi oggetto dell’autonomia (ulteriore) differenzi­ata proposta da Veneto, ma anche da Emilia Romagna e Lombardia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy