Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Variati: «Tav, la mia soddisfazione. E se mi chiameranno a Roma ci penserò»
Ultimi mesi con il tricolore: la città è meno provinciale
Fra sei mesi VICENZA (circa) per la città finisce un’era. Per lui pure: «Cambierò stile di vita, divento un normale cittadino». Il sindaco, Achille Variati, traccia un primo bilancio della sua attività decennale alla guida di Palazzo Trissino, fra soddisfazioni («Orgoglioso di aver impostato la Tav») e rimpianti («La città non ha avuto il tempo di capire la portata del fondo immobiliare»). E non si sbilancia neppure durante gli ultimi mesi con la fascia tricolore: «Porterò a termine il mio mandato - afferma Variati - fino all’ultimo giorno e ne vado fiero. Poi, se arriverà una chiamata da Roma dopo le elezioni potrei valutarla, ma dubito che arriverà».
Sindaco Variati, i prossimi mesi la porteranno alla fine del suo ultimo mandato da primo cittadino, come la sta vivendo dal punto di vista personale?
«Di sicuro affronto un cambiamento, anche come stile di vita. Negli ultimi dieci anni ho anteposto ai miei problemi personali il Comune, perché fare il sindaco vuol dire non avere giorno in cui potersi togliere la fascia. È stato molto duro e faticoso, ma ho la convinzione di aver compiuto il mio dovere. E mi fa piacere onorare il mio impegno con gli elettori fino all’ultimo giorno».
Quali incarichi le rimarranno alla fine del mandato?
«Tutti i miei incarichi avevano come perno il fatto di essere sindaco di Vicenza. Cessato quello, a poco a poco cadranno tutti. Non sarò più presidente della Provincia e dunque nemmeno presidente dell’Upi (Unione province italiane, Ndr), anche se in questo caso si dovrà attendere qualche mese. E nel giro di poco tempo me ne andrò pure dal consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti, alla scadenza naturale del mandato oppure prima, deciderò più avanti».
E cosa farà dopo? «Rimarrò un normale cittadino».
C’è chi la vede già candidato alle prossime elezioni regionali del 2020. È uno scenario possibile?
«Due anni sono un’eternità, oggi un leader può conoscere l’apice della notorietà e la polvere della sconfitta in pochissimo tempo. In Regione delle cose da dire le avrei, ma vedo questa scadenza così lontana da non poter fare disegni in questo momento». Lei non si potrà candidare al Parlamento, ma se la chiamassero
a Roma per un incarico dopo il voto?
«Dubito che arriverà una chiamata simile. In ogni caso, se arrivasse dovrei fare delle valutazioni personali e familiari, ma ci penserei».
Mi dica un rimpianto di questi dieci anni di governo della città.
«Non essere riuscito ad avere la spinta necessaria a portare a casa il fondo immobiliare, che penso buona parte della città non abbia avuto il tempo di capire fino in fondo. In ballo c’erano cinquanta milioni di euro che il Comune non ha e non avrà più. Quei soldi potevano essere un volano per la città turistica e dei giovani del futuro. Era un’occasione e l’abbiamo sprecata». E le soddisfazioni più importanti?
«Direi l’impostazione della Tav (treni ad alta velocità,
Ndr), con ciò che comporta sulla mobilità urbana e il filobus, di cui a breve dovrebbero arrivare le conferme sui fondi. Questo è un salto in avanti che Vicenza fa sul fronte della qualità della vita. Ma sono fiero anche del parco della Pace, un punto scritto nella storia urbanistica di Vicenza, i cui lavori spero possano iniziare entro la fine del mandato. E poi il bando periferie. Ma non è tutto». Altre soddisfazioni? «Sì, l’aver trascinato Vicenza fuori dal provincialismo di una città sconosciuta e averla portata alla ribalta nazionale e non solo. Faccio un esempio: oggi, ultimo giorno dell’anno, non c’è un posto libero negli alberghi cittadini. Una volta questo succedeva solo nei giorni delle fiere orafe. Oggi è così ed è la città che richiama anche grazie alle mostre. I miei anni lasceranno il segno».
Negli ultimi anni c’è stato il crac della Banca popolare di Vicenza. Che risvolti ci sono stati per la vita amministrativa?
«È una vicenda di risparmio tradito. E quando un cittadino si sente tradito perde la fiducia, anche nei confronti delle istituzioni. Una conseguenza potremmo vederla alle prossime elezioni politiche nell’allontanamento di un’ulteriore fetta di elettori, ed è un male».
Su questo fronte è soddisfatto del lavoro del Governo? «Lo Stato ha istituito un
fondo, sicuramente insufficiente, che apre però una pagina importante su possibili ristori a fronte di azionisti truffati. È una porticina per ora troppo stretta, ma è un’occasione importante se il prossimo Governo vorrà».
È d’accordo con chi vede nel crac della BpVi, nelle vicende del Vicenza calcio e nella fusione di Fiera di Vicenza con Rimini i segni di un declino della città?
«No. Per la Fiera si stanno mantenendo le radici a Vicenza, anche con nuovi importanti investimenti. Certo le vicende bancarie e calcistiche colpiscono la vita interna della città, ma se Vicenza non avesse avuto quella forza che ho cercato di imprimere io, quello sguardo verso l’esterno, la città ne avrebbe sofferto di più. Questi sono due freni, certo dolorosi, ma non fermeranno lo sviluppo del capoluogo, che rimane una perla fino a ieri nascosta e oggi non più tale».
Il futuro prossimo Tornerò ad essere un normale cittadino Un bel cambiamento, anche come stile di vita