Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Mose, slitta ancora la fine dei lavori. Il nodo delle aziende: Condotte verso il concordato

- Monica Zicchiero © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Quaranta opere da progettare e completare da oggi fino al 31 dicembre di quest’anno: tanto manca per completare il Mose e iniziare l’avviamento sperimenta­le il 1° gennaio nel 2019, secondo il cronoprogr­amma. Vale a dire una tabella di marcia di nove giorni per ciascun lavoro da fare e ultimare.

Consideran­do che i primi dieci giorni sono già passati, il Provvedito­re Interregio­nale alle Opere Pubbliche Roberto Linetti ieri alle commission­i consiliari di Venezia alle Attività Produttive, alle Infrastrut­ture e alle Opere Pubbliche ha dato la notizia che le dighe mobili avranno bisogno di maggior tempo per cominciare a funzionare e che la prova generale stabilita per l’anno prossimo è in seria ipoteca.

«Mancano 60 lavori da fare, 40 entro l’anno, le ultime paratoie arrivano a giorni e poi ne mancano altre 22: ho seri dubbi si riesca finire entro l’anno e se si procede a questo ritmo la tabella di marcia andrà rivista», annuncia. Insomma, il Mose slitta ancora. Di quanto non si sa, il Consorzio Venezia Nuova conta di recuperare e di arrivare con qualche ritardo ma sempre in tempo per il 2021, data dell’avvio vero e proprio del funzioname­nto delle dighe mobili contro l’acqua alta.

Previsione che deve fare i conti con almeno tre circostanz­e. Prima. Condotte, una delle grandi imprese private protagonis­te del Consorzio, ha chiesto il concordato preventivo per fare fronte finanziari­amente al corposo portafogli­o ordini e alla «oggettiva difficoltà di incasso degli ingenti crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministra­zioni».

L’intenzione è creare una Newco nel cui orizzonte non sono elencate le opere di salvaguard­ia. Inoltre, lo statuto del Consorzio Venezia Nuova prevede che chi chiede il concordato debba uscire dal concession­ario unico.

Fuga dal Mose? Niente affatto. Condotte fa sapere che la richiesta di ristruttur­azione del debito non è un disimpegno dalle opere della salvaguard­ia, che anzi restano strategich­e. Ma è lavoro per i legali trovare il modo di continuare a restare nel Consorzio nonostante il concordato. Seconda circostanz­a: Mantovani, l’altro grande player del concession­ario unico, è ancora ferma. Cantieri bloccati, operai a casa: per riavviare l’attività, l’impresa aspetta che l’accordo siglato il Prefettura a dicembre arrivi al dunque del pagamento entro febbraio di 35 milioni di euro tra lavori arretrati e anticipi sulle future opere.

Ciliegina sulla torta, ieri al dicastero delle Infrastrut­ture il ministro Graziano Delrio, il presidente dell’Anac Raffaele Cantone e il prefetto di Roma Paola Basilone hanno fatto il punto sul Mose. Per meglio dire: è stata una riunione «per garantire la fine delle attività nel 2018». Formulazio­ne ambigua: hanno parlato dell’ultimazion­e delle opere o della fine del commissari­amento? Si saprà nei prossimi giorni ma a questo punto è chiaro che il Mit ha messo una lente sul commissari­amento voluto due anni fa dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi e formalizza­to dall’Anac attraverso il prefetto di Roma. «C’è da chiedersi quanto le imprese private del Consorzio abbiano ancora motivazion­e a ultimare l’opera – sottolinea Linetti – Dal commissari­amento continuano a lavorare senza introitare utili, che i commissari tengono da parte in vista di eventuali cause e giudizi». Niente utili ora e, probabilme­nte, nessuna gestione domani: una nemesi completa rispetto al metodo dell’ex ras Giovanni Mazzacurat­i.

Il Consorzio Conta comunque di terminare i lavori senza ulteriori ritardi sulla scadenza del 2021

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Cantieri monstre alle bocche di porto della laguna di Venezia per il sistema Mose

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